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Arte del Novecento italiano: la collezione Farnesina è di nuovo visitabile!

Palazzo della Farnesina a Roma (foto: wikipedia.org)
Cosa fare l'ultimo venerdì del mese a Roma?
Se nel vostro programma settimanale non può mancare una tappa culturale e vi trovate a Roma... potrete visitare gratuitamente la Collezione di arte contemporanea del Palazzo della Farnesina e onorare il programma "Aperti per voi"!
"Aperti per voi" è un'iniziativa nata nel 2005 con l'intento di rendere visitabili i luoghi d'arte e cultura italiani normalmente chiusi al pubblico. Personalmente la trovo una bella e genuina iniziativa! Volontariato non come sostituzione del personale, ma come servizio per consentire l'accesso all'interno di luoghi normalmente non accessibili.
Proprio all'interno di questa iniziativa il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha stipulato un accordo con il Touring Club Italiano per la riapertura della collezione.
La collezione sarà fruibile grazie ai volontari del Touring Club che si mettono a disposizione per condurre le visite guidate.
Per la visita guidata:
  • ricordatevi di prenotare sul sito www.collezionefarnesina.esteri.it. Ogni gruppo sarà costituito da massimo 20 persone;
  • mettete in conto un'oretta per passeggiare tra i pezzi della collezione e visitare gli ambienti più rappresentativi del piano nobile;
  • non potrete portare con voi trolley e borse di grandi dimensioni;
  • consultate il calendario e il sito per eventuali variazioni.
Per maggiori info sul come prenotare una visita e sul come raggiungere il Palazzo della Farnesina consultate il sito qui.
La collezione consente di immergersi nell'arte del Novecento italiano: tra le sale vi aspetta un viaggio nella prima metà del Novecento con le opere dei futuristi Balla, Boccioni, Depero, quelle metafisiche di de Chirico, fino alle declinazioni novecentiste di Carrà, Sironi e Soffici e quelle antinovecentiste di Cagli, Campigli, Pirandello, Scipione e Martini.
Sala Forma, Palazzo della Farnesina a Roma
Sala Forma, Palazzo della Farnesina a Roma (foto: esteri.it)
Si arriva poi al dopoguerra realista di Guttuso, a quello astrattista di Accardi, Sanfilippo, Dorazio, Consagra, fino all'informale di Afro, Burri, Scarpitta e lo spazialista Fontana.
La collezione mostra la seconda metà del Novecento con l'arte povera di Kounellis, Merz e Paolini, l'arte pop di Angeli, Pascali, Rotella, Schifano, l'arte concettuale di Isgrò, Mauri e Manzoni e quella percettiva di Castellani, Bonalumi, Marchegiani, per approdare alla Nuova figurazione con Vespigani, all'Anacronismo con Mariani, Giuliani e Gandolfi ed alla Transavanguardia degli ultimi decenni.
Se non potete proprio resistere, è possibile visitare alcuni ambienti del primo piano del Palazzo della Farnesina in modalità "street view" grazie a Google Cultural Institute , nonché la mostra "Sistema. Nuove acquisizioni e giovani artisti della Collezione Farnesina" incentrate su opere del XXI secolo.
Siete pronti a questa nuova scoperta?

Così il San Carlo di Napoli divenne il teatro più bello d’Europa

L'incendio del Teatro San Carlo di Napoli del 1817 di Salvatore Pergola.
13 febbraio. Il teatro San Carlo di Napoli, il più antico teatro d’opera ancora attivo in Europa e nel mondo, durante una prova costumi di duecento anni fa andò a fuoco. 
Così, nel 1817, l’intero salone settecentesco voluto per il teatro da Re Carlo di Borbone e fondato nel 1737, venne perduto. Le fiamme avevano ridotto il salone principale e il palcoscenico in cumuli di macerie che per giorni fumarono oltre le cime della città. Lo sfortunato evento colpì l’immaginario di diversi pittori tra cui Salvatore Fergola e Luigi Gentile.
L'incendio del Teatro San Carlo di Napoli del 1817 di Luigi Gentile.
 L’incendio aveva colpito la vetrina stessa del prestigio della monarchia: far rinascere il teatro nella sua bellezza era l’unica strada percorribile. A dieci giorni dall’incendio, Ferdinando IV di Borbone ordinò la sua ricostruzione con un decreto regio
“nel più breve tempo possibile e nella stessa forma e decorazione”.
La ricostruzione fu complessa per l’ingenza dei danni: per sessanta giorni 400 uomini si occuparono solo di spostare le rovine. 
Artigiani da tutto il regno vennero chiamati per completare il progetto dall’architetto toscano Antonio Niccolini mentre Giuseppe Cammarano dipingeva il velario del soffitto con la rappresentazione di Apollo che presenta a Minerva i più grandi poeti del mondo, le Ore, le Muse e il trionfo di Partenope, la ninfa che dà nome alla città.
In quell’anno gli spettacoli non si fermarono grazie all’organizzazione di Domenico Barbaja, che oltre ad occuparsi dell’impresa di costruzione, gestiva i Regi Teatri di San Carlo, del Fondo, dei Fiorentini e le loro sale da gioco.
Niccolini, d’altra parte, riprogettò il teatro tenendo conto di alcuni fattori che egli riteneva facessero torto alla sua bellezza e modificandoli. Tra questi 
“l’ignobilità del Proscenio, la soverchia altezza risultante sulla moltiplicità degli ordini e da’ finti colonnati rappresentati nel soffitto, la disposizione della Platea ed i Parapetti de’Palchi i quali eccedendo in altezza nascondevano di troppo le persone sedute”.
Ricollocò il lampadario non al centro della sala, ma verso il fondo, perché la luce non intaccasse l’illusione della scena. Così egli rese il nuovo teatro una sala unica al mondo, ponendo la sua attenzione ai dettagli ed alle persone, tenendo conto nel suo lavoro anche dei colori degli abiti, generalmente dai toni tra il blu, l’oro e l’argento, 
“perché i vari colori delle vesti, e degli abbigliamenti degli Spettatori avessero un campo semplice ove poter brillare.”
Il teatro San Carlo di Napoli (foto: Wikipedia)
Eppure, dopo solo un anno, il 12 gennaio 1817, nel giorno del compleanno dell’Imperatore Ferdinando IV, il nuovo San Carlo venne inaugurato. Henry Beyle, lo scrittore francese noto come Stendhal, presente all’inaugurazione del 1817, scrive:
Gli occhi sono abbagliati, l'anima rapita. […] Questa sala, ricostruita in trecento giorni, è come un colpo di Stato. Essa garantisce al re, meglio della legge più perfetta, il favore popolare. […]Non c'è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea.

E raccontava ai suoi lettori d’oltralpe la magnificenza dello spettacolo di apertura, Il Sogno di Partenope, melodramma scritto da Giovanni Simone Mayr su libretto di Urbano Lampredi. Qui, per onorare il sovrano e la ricostruzione del teatro, si metteva in scena proprio l’incendio che lo aveva distrutta. Ma una nuvola che cadeva dal cielo tra Partenope, Apollo e Minerva faceva capire agli spettatori che era stato tutto un sogno. Mentre si compiva il ballo La virtù premiata coreografato da Salvatore Viganò, il teatro era lì, più reale e più splendente che mai, trionfante di oro, seta e cristalli.

Il teatro San Carlo di Napoli (foto: Wikipedia)

Curiosità smartiane. San Valentino: storia, leggenda e fenomeno mediatico. Da che parte state?





Oggi è il 14 febbraio, buon San Valentino a tutti!

Tra cuori, frasi d'amore e cenette romantiche siamo impegnati a festeggiare l'amore :)

La festa, però da dove nasce? Ve lo spighiamo in modalità smartiana!

Partiamo da molto lontano, ossia i Lupercalia feste dedicate al dio Luperco, una festività romana che era un atto di purificazione.

I festeggiamenti si collocavano tra il 13 e il 15 febbraio, il periodo in cui i lupi, affamati per il lungo digiunare dovuto all'inverno, minacciavano maggiormente le greggi.
Si caratterizzavano per i sacrifici di bestiame, in particolare ovini, e per i riti carnali che sfociavano, secondo alcune tradizioni, in orge. 
La ricorrenza si collocava, inoltre, alla fine dell'anno, visto che il Capodanno romano è il 1 di marzo. Rappresentavano, dunque, un'occasione per lasciarsi andare ai saluti dell'anno che stava per finire e regalarsi speranze per l'anno venturo.

Plutarco nelle Vite parallele, sebbene confermi i riti sopra descritti, riferisce la festa alla celebrazione dell'allattamento di Romolo e Remo, avvenuto, secondo la leggenda, per il tramite di una lupa nella grotta del lupercale appunto, sul colle Palatino a Roma dove i gemelli crebbero prima di fondare la città eterna.

Questo rito di fertilità e purificazione restò in auge anche dopo la legittimazione della cristianità (313 d.C. Editto di Costantino) fino a quando nel 496 d.C., papa Gelasio (492-496) istituì la festa di s.Valentino, dedicata all'amore spirituale che sostituiva la festa romana.

Non vi scandalizzate,  reinterpretare le festività del calendario romano era prassi consolidata nei primi secoli del Cristianesimo.

Il papa si ispirò alle leggende che correvano su due santi vissuti nello stesso periodo, ma che presumibilmente sono la stessa persona.
Il primo san Valentino, nato a Terni (Interamna) nel 176 e morto martire nel 273, si diceva che favorisse gli amori e i matrimoni, addirittura quelli infelici e che avesse regalato una rosa rossa ad una sposa che non amava il suo sposo per convincerla ad amarlo e vi riuscì.
La seconda tradizione, invece, associa ad un altro santo la festa degli innamorati. Si tratta di un Valentino vissuto a Roma  negli stessi anni e decapitato perché avrebbe acconsentito al matrimonio tra una cristiana, Serapia, e un militare romano pagano, Sabino.

La festa dei cuoricini come la interpretiamo oggi nasce da una tradizione anglosassone.
Fu Geoffrey Chaucer, l'autore dei Racconti di Canterbury a diffondere nel 1300 il poema The Parliament of Fowls (Il Parlamento degli Uccelli), in onore delle nozze tra Riccardo II e Anna di Boemia che in 700 versi associa Cupido al fantomatico san Valentino paragonando la danza dell'amore degli uccelli al festeggiamento in onore del santo e conseguentemente fondendo l'amor sacro e l'amor cortese.

Qualunque sia l'origine, qualunque sia il vostro credo o la vostra vita amorosa, non c'è nessun altro sentimento così celebrato, così ricercato, così odiato, così osannato come l'Amore.
Ogni occasione è da cogliere per dire alle persone amate quanto sono importanti per noi!

Nell'arte l'amore è rappresentato in tutte le sue forme, ma una sola immagine sa emozionarmi come  nessuna: Il bacio alla porta aurea tra Anna e Gioacchino, opera Giotto realizzata a Padova nella Cappella degli Scrovegni. 
Ritengo sia il bacio più tenero e nello stesso tempo più carnale della storia dell'arte che unisce l'amore celeste e la predestinazione dei protagonisti all'amore terreno, pieno di affetto e di passione.
Rappresentazione ideale di un amore puro che non rinuncia alla carnalità 

Buona Festa degli Innamorati!


Compleanni smartiani molto particolari: auguri mattoncini LEGO!


Il 28 gennaio si festeggia l'International LEGO Day: oggi i mattoncini LEGO compiono 59 anni! 
Vi chiederete cosa ha a che fare questo con un blog di Cultura...

I LEGO sono entrati nell'immaginario di tutti noi. Ricordano l'infanzia, il gioco, e quante volte, davanti ad una nuova prova di montaggio, guidata dalle istruzioni o dalla nostra fantasia, sappiamo resistere a non mettere insieme qualche mattoncino?

Anche l'australiano Ryan "The Brickman" Mcnaught non ha saputo resistere e nel 2015 ha ricreato Pompei su commissione utilizzando oltre 190mila mattoncini! Egli ha impiegato l'equivalente di tre settimane, per un totale di circa 470 ore di lavoro, per ricreare il modello che si trova al Nicholson Museum dell'Università di Sydney e che sarà mostrato agli studenti che studiano l'Antica Roma e la sua storia.
Nel modellino si possono ammirare templi, porticati, le case con peristilio, il mercato...
Beh, qui bisognerà fare attenzione alla non-accuratezza storica: pare che il creatore dell'opera si sia divertito a inserire nel paesaggio Doctor Who e Tardis!

Vista sulla piazza (Foto: theconversation.org)

Siete curiosi e Sydney è troppo lontana?
Perché non cogliere l'occasione per un viaggio e una visita nei luoghi di ispirazione?
Passeggiare nelle strade di Pompei è una passeggiata urbana indimenticabile!
Questa è l'unica città al mondo in cui si entra nella quotidianità del primo secolo, nella vita fermatasi nel 79 d.C. per l'eruzione del Vesuvio, e fino al 1748 sepolta e dimenticata.

Vista di Pompei
Quel che rientra nell'immaginario collettivo rappresenta un pezzo di cultura, un pezzo di identità e questi mattoncini non solo hanno vinto le resistenze di maschietti e femminucce, ma talvolta consentono di ricordare la storia dell'umanità, la nostra storia.
Auguriamo allora lunga vita ai mattoncini LEGO e a tutti coloro che prenderanno ispirazione dalla nostra storia per scatenare la propria creatività.

In Ricordo di Gordon Byron


Gordon Byron nacque a Londra il 22 gennaio 1788.
Ricordato come Lord Byron,  è stato un poeta e politico inglese.

Personalità brillante dal carattere mutevole, ha avuto una vita ricca di avventure, sia esplorando e vivendo in diversi territori, sia a livello amoroso. 
Numerose furono le sue amanti, anche perché la sua bellezza è passata nella storia. 
Ricordiamo alcune sue citazioni: 

“E i sogni nel loro sviluppo hanno respiro, E lacrime e tormenti, e il tocco della gioia; 
essi hanno un peso sui nostri pensieri da svegli. 
Essi tolgono un peso dalle nostre fatiche da svegli. Essi dividono il nostro essere.” 

“Ridi sempre quando ti è possibile. É una medicina a buon mercato. 


“Nel primo bacio d'amore rivive il paradiso terrestre.” 


Buona domenica! 

Quando le opere d’arte tornano a casa… restituita la Peplophoros Torlonia!

11 novembre 1983: a Villa Torlonia vengono rubate 15 statue e dei reperti. Gli artefici del colpo fecero perdere le proprie tracce, e per anni le opere si sono mosse clandestinamente.
Dopo 33 anni, una statua rubata tornerà in Italia, laddove è stata prelevata.

La Peplophoros Torlonia (foto da Web)
La Peplophoros torna in Italia, torna a Villa Torlonia.
Si tratta di un'opera del I secolo avanti Cristo, acefala, senza braccia né gambe e piedi, una figura femminile che indossa il peplo drappeggiato, fermato da fibule

Compleanni smartiani: Claude Monet (1840-1926)

Claude Monet, autoritratto, 1866

Nasceva il 14 Novembre di ben 176 anni fa il padre dell'Impressionismo: 
buon compleanno Claude Monet!

Nato nel 1840 a Parigi da una famiglia benestante, Monet si trasferì con la famiglia in Normandia a soli 5 anni.
Vivere vicino al mare, a diretto contatto con la natura e la luce particolare del nord Europa, influenzeranno il modo determinante la sua pittura.
Così come l'incontro, negli anni '50, con Eugène Boudin, corniciaio e pittore, che sosteneva la necessità di dipingere en plein air il bozzetto e su tela per cogliere le vibrazioni naturali della luce e dei colori.
Monet stesso dirà: "Se sono diventato pittore lo devo a Eugène Boudin. È a lui che devo l'educazione definitiva del mio occhio".

Monet è l'impressionista per eccellenza: la sua attenzione si concentra sul colore, sugli effetti della luce, sul movimento; i suoi soggetti sono quasi tutti all'aria aperta.
Trovate le immagini di diverse opere en plein air di Monet qui.

Il centro della sua osservazione non è la scena o l'oggetto e ciò che esso rappresenta , ma gli effetti della luce e dei colori sulle sue superfici, tanto che egli racconta:


"Il colore è la mia ossessione giornaliera, la mia gioia e il mio tormento. A tal punto che un giorno, trovandomi accanto al letto di morte di una donna che era stata ed ancora era molto cara per me [sua moglie], mi trovai a focalizzare il mio sguardo sulle sue tempie, e ad analizzare automaticamente la successione di tonalità  di colore che la morte stava provocando sul suo volto immobile. C'era del blu, del giallo, dei toni grigi, toni che non riesco a descrivere. A tal punto ero arrivato".

Per tutta la sua lunghissima carriera, anche quando l'Impressionismo era ormai superato, Monet rimarrà fedele ai principi della sua pittura, non mossa da una ricerca teorica o da interessi intellettuali, ma incentrata sul fare pratico, sull'osservazione diretta e sulla materialità dei colori, sull'esperienza dei giochi di luce e ombra. Proprio negli anni '90 dipingerà la serie della Cattedrale di Rouen (1894). 
Potete vedere l'intera serie qui.



La Cattedrale di Rouen, Monet, 1894. Immagine da Tumblr: weepfortrip.blogspot.com
Negli ultimi anni della sua vita si ritira in un villaggio in Normandia, e dipinge superfici sempre più grandi, tra cui Lo stagno delle ninfee (1904). Non vi è orizzonte, né presenza umana: solo luce e colore dai contorni non definiti, al limite dell'astrazione.
Lo Stagno delle Ninfee, Claude Monet, 1904. Opera conservata presso il Museo d'Orsay.



Images from Wikipedia in Creative Commons

Perché il terremoto va oltre i confini dell’Italia, e riguarda tutti

Un articolo, il lutto. Sono morti degli edifici, non delle persone. 
Eppure vedere la polvere che aleggia sulle macerie di pezzi del nostro patrimonio culturale muove qualcosa di profondo. Ci lascia senza parole, impotenti, ed è uno straniero a ricordarci che i popoli di questa penisola da sempre convivono e rinascono dalle calamità naturali.
Per questo ho deciso di tradurre l’articolo (Titolo originale:Italy's earthquake affects us all – theirs is a cultural richness like no other) di Jonathan Jones, pubblicato su The Guardian, che potete leggere di seguito. Buona lettura!


I palazzi non sono persone. È un immensa grazia, com’è noto, che non ci siano stati morti nell’ultimo terremoto che ha colpito l’Italia centrale. Ancora non riesco ad elaborare il lutto per la basilica di S. Benedetto a Norcia. Vedere un così bell’edificio antico distrutto è qualcosa di viscerale.
Foto da ncregister.com
Le immagini parlano da sole. In una immagine la polvere riempie il cielo del mattino mentre la facciata della chiesa sta in piedi, solitaria, sullo sfondo il corpo dell’edificio una massa di macerie. In un’altra sembra come se una bomba avesse rimosso il soffitto e schiacciato l’interno.
Mentre le immagini suggeriscono che il restauro possa salvare almeno un’eco di questa chiesa medievale, la perdita di questo ed altri edifici nel terremoto di magnitudo 6.6 che ha lasciato un surreale labirinto di relitti nell’area di Norcia, spezzerà il cuore di ogni amante dell’arte.
Perché sono triste se non ho mai visitato questa chiesta abbaziale benedettina? Perché essa incarna tutto ciò che è meraviglioso dell’Italia. Nessun altro luogo ha la stessa ricchezza storico-artistica della penisola italiana. Nelle cittadine al nord e del sud del paese si intersecano gli strati del tempo e i tesori artistici sono parte della vita quotidiana. La basilica di Norcia fu costruita sopra quel che si ritiene il luogo di nascita di San Benedetto, che nel VI secolo d.C. fondò l’abbazia a Monte Cassino, nel sud Italia, e scrisse la Regola di San Benedetto, il progetto per il monachesimo occidentale che stabilì un codice di comportamento per le comunità di uomini celibi e donne nubili che vivevano, lavoravano e pregavano insieme.
Monte  Cassino lesionata durante la seconda guerra mondiale.
Forto: Chris Ware/Getty Images
Monte Cassino fu distrutta nella seconda guerra mondiale. Ora la basilica di San Benedetto è stata frantumata dalla natura. Va bene ammettere che sono più triste per un danno del genere in Italia piuttosto che in qualunque altro posto?
La grandezza culturale dell’Italia sfida la sua instabilità geologica. Dalla cattedrale di Orvieto, alta sopra la pianura umbra, fino alle strette e ripide strade di Siena, questa è una terra di persone che hanno costruito sui versanti delle colline, delle montagne, dei precipizi. Ovunque tu vada, in questo paese troverai delle rampe di scale che salgono lungo le colline scoscese e le chiese abbarbicate alle scogliere.
È quel senso di continuità naturale e di tempo antico che rende le cittadine e le città italiane così affascinanti. Qui puoi immaginare la vita medievale, puoi sentire la presenza di una generazione dopo l’altra. Così tanta vita è racchiusa nelle pietre dell’Italia. Così tante storie abitano in ogni vicolo e chiostro. Si ha l’impressione che le chiese come la basilica di San Benedetto non svaniranno mai. Finché non lo fanno.
Il disastro naturale non è niente di nuovo in Italia. In questa regione geologicamente turbolenta, la civiltà urbana ha sempre vissuto col rischio. Pompei ed Ercolano si sono preservate come meraviglie archeologiche perché sepolte dal Vesuvio nel 79 d.C.. Le persone vivono ancora lungo i versanti del Vesuvio, sperando che niente vada storto. Nella città di Pozzuoli, ai confini dell’enorme area vulcanica a nord di Napoli, una sezione del porto è stata abbandonata dopo il terremoto del 1983. Ma la minacciosa area morta della cittadina non ferma le migliaia di persone che ne riempiono i ristoranti di pesce il sabato notte.
Cosa puoi fare quando vivi in una remota comunità sulla cima di una faglia o di una camera magmatica? Puoi pregare. A Firenze, ad esempio, la chiesa della Santissima Annunziata ha un miracoloso dipinto dell’Annunciazione che veniva portato in processione lungo le mura della città ogniqualvolta essa si trovava in pericolo per una guerra o un disastro naturale. Fallì nel 1966, quando questa città, casa di tesori, fu devastata da un’alluvione.

La popolazione dell’Italia ha convissuto con i disastri per millenni, da Pompei a Firenze, a Norcia. Da quella stessa instabilità hanno creato bellezza. Ogni perdita di quel superbo tessuto umano è una perdita per tutti noi.

Francesco d'Assisi, patrono d'Italia




Le ricorrenze smartiane sono tali sulla base di una convinzione: ci sono persone nella storia 
che hanno cambiato il mondo seguendo loro stessi e quello che sentivano. 
Che sia stata la religione, la cultura, l'ideologia a guidarli, hanno sentito un motivo dentro di loro più grande di loro che li ha portati ad essere il cambiamento che desideravano. 
San Francesco è tra queste grandi personalità perché ha cambiato il modo di vedere e vivere la religione cristiana e lo ha fatto, semplicemente segunedo ciò che riteneva più giusto per arrivare alla fede. Creare un ordine monastico tuttora attivo e ancora fedele ai principi che lo hanno generato è un risultato enorme. I francescani sono seguiti e venerati come tra i principali della Chiesa Cattolica e riconosciuto nella sua potenza anche da altre religioni 
Francesco diceva di essere strumento nelle mani di Dio destinato a divulgare le idee che Dio stesso voleva trasmettere. In questo dovremmo essere come lui, strumento per arrivare ad un bene più grande che per noi è la diffusione della conoscenza e della cultura.

Viene ricordato dalla storia per essere il santo che già in vita venne riconosciuto come tale e che per questo venne santificato a soli due anni dalla morte. Compare ancora in vita in un ritratto emblmatico, custodito a Subiaco (FR), nel monastero di San Benedetto, ad ulteriore testimonianza della sua fama e del rispetto profondo che altri ordini gli riservavano.

La sua grandezza, però, si deve anche alla sua particolarissima composizione "Il Cantico delle Creature" che è ricordata come la prima poesia in italiano della storia della nostra lingua, anticipando di oltre cinquant'anni la composizione dantesca. Venne composta, infatti, nel 1224.
La mulidisciplinarità per cui san Francesco è riconosciuto, lo rende un personaggio chiave per lo studio e la preparazione di ognuno di noi. Il pittore Giotto lo ha reso icona immortale della storia dell'arte, a conferma della sua importanza storica. L'Italia lo ha eletto patrono della nazione.  

Vi condividiamo due citazioni del santo d'Assisi, accompagnate da importanti dipinti nella storia dell'arte. 


Giotto, "San Francesco riceve le stimmate", Louvre, Parigi





"Cominciate col fare ciò che è necessario,

poi ciò che è possibile.
E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile"






"Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. 

Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. 

Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista."

Cartografie antiche: le stelle e la società

Mappa di Dunhuang, Gansu, conservata presso la British Library. (Immagine da www.bl.uk)

Questa cartografia è un antico atlante del cielo stellato!

Si tratta di mera rappresentazione del cielo? Perché tanta cura nelle registrazioni dei movimenti celesti nell’antica Cina?

Immaginiamo di trovarci in Cina centrale, intorno al 700, col naso all'insù ad osservare il cielo. Probabilmente saremmo degli astronomi intenti a registrare, notte dopo notte, ogni movimento della volta celeste. Lavoreremmo su “mappe” come questa in figura, con gli astri rappresentati di colori differenti, bianco, nero e giallo, ad indicare le stelle osservate da tre differenti scuole astronomiche del passato, rispettivamente quella di Wu Xian, Gan De e Shi Shen.
Le stelle sono state riportate su carta con un sistema di proiezioni per consentire di riportare la curvatura del cielo su un pezzo di carta. L’intera serie di carte celesti conteneva ben 1.300 stelle!
Una curiosità: questo sistema è molto simile a quello sviluppato nel XVI secolo dal cartografo fiammingo Gerardus Mercator e usato in molte mappe ancora oggi!

Ma tornando a noi nelle veste di antichi astronomi, perché tanta attenzione?
Una delle funzioni più importati dell’astronomia antica cinese era la rilevazione del tempo che avveniva secondo una calendario lunisolare, ogni tanto riallineato per via della differenza del ciclo lunare con quello solare.
Ma il calendario cinese rappresentava molto di più: era il simbolo della dinastia regnante e si pensava che il movimento delle stelle nel cielo fosse direttamente collegato alle azioni in terra dell’imperatore e della sua corte. Così un'eclisse solare poteva essere interpretata come una imminente sventura. Per questo motivo l’imperatore assumeva degli astronomi che notte dopo notte registrassero i movimenti della volta stellata. Gli astronomi prendevano nota di tutte le stelle che apparivano improvvisamente tra le stelle fisse, chiamate “stelle ospiti”. Un esempio di stella ospite registrata dagli astronomi cinesi, ma anche da quelli arabi, è la Nebulosa Granchio osservata nel 1054, oggi nota come SN 1054.
Il calendario cinese era il simbolo stesso della dinastia, e poiché le dinastie non duravano per sempre, ma sorgevano e cadevano, il  calendario veniva “aggiornato” e “ricreato” al cambiare della casa regnante.
A sottolineare l’importanza di questo pensiero, le storie ufficiali delle dinastie cinese: a partire dal secondo secolo avanti Cristo, esse includono un capitolo appositamente dedicato all’astronomia.

Quanto sono importanti,  oggi, le mappe antiche?
Talvolta esse contengono dettagli, quali il passaggio di una cometa 2.000 anni fa o le supernove, consentono di calcolare oggi, nei moderni studi astronomici, la periodicità di determinati eventi celesti.

Qualche dettaglio sulla mappa celeste che vi abbiamo mostrato: è conservata alla British Library di Londra e fu trovata a Dunhuang, Gansu, un avamposto dell’impero cinese a oltre mille miglia dalla capitale e dalle rotte della strada della seta. Si ritiene che essa risalga all’imperatore Zhong Zong, ovvero all’inizio dell’VIII secolo d.C..
Il rotolo faceva parte dei 40.000 manoscritti di una biblioteca buddhista nascosta in una grotta, probabilmente sigillata intorno al 1.000 d.C., e scoperta nel 1900. Chi creò la biblioteca e come i rotoli arrivarono fin lì, rimarrà probabilmente per sempre un mistero.



Per maggiori informazioni sui rotoli potete visitare il sito dedicato: International Dunhuang Project.

Il santo del giorno: quali sono i s. Matteo più famosi della storia dell’arte?


21 settembre 2016, primo giorno d'autunno, nonché giorno dedicato a S. Matteo dalla Chiesa cattolica.

Ma facciamo un passo indietro… chi era s. Matteo?

Nacque col nome Levi tra il 2 e il 4 a.C. a Cafarnao. Era un pubblicano esattore delle tasse, una delle categorie più odiate dal popolo ebraico poiché gli esattori anticipavano le tasse all'erario romano e si rifacevano poi come usurai sui cittadini. Ma Levi era destinato ad abbandonare la sua professione. Nei vangeli, e in particolare nel Vangelo secondo Marco (Marco 2,14) ci viene raccontato come Gesù, passandogli accanto, gli disse semplicemente "Seguimi". E Levi lo seguì, diventando uno dei suoi dodici discepoli. Da qui egli cambiò vita e cambiò nome in Matteo, che ricorda la radice ebraica del verbo “donare”.
Discepolo ed evangelista, morì il 24 gennaio del 70 d.C., ma vi sono diverse tradizioni sul luogo di morte e di sepoltura. Un santuario importante in Italia è tuttavia quello di Salerno, dove il santo viene festeggiato con una solenne processione che attraversa il centro storico della città.

Nella storia dell'arte S. Matteo è un personaggio molto rappresentato. Spesso anziano e barbuto, il suo emblema è un angelo che lo guida mentre scrive il Vangelo. Spesso accanto a lui è rappresentata una spada, simbolo del suo martirio.
Tra i dipinti più famosi raffiguranti il Santo i tre per la Cappella Contarini a S. Luigi dei Francesi, in Roma, dipinti da Michelangelo da Merisi, noto Caravaggio.
Caravaggio, da poco giunto a Roma, fu segnalato dal cardinal Del Monte per completare la cappella con un programma iconografico già stabilito dal suo proprietario: il porporato francese Matteo Contarelli, morto nel 1585.

Vocazione di S. Matteo, Caravaggio (1599-1600)
Nella Vocazione di S. Matteo è rappresentato il momento culminante della chiamata: Levi, l'esattore delle tasse, è interpellato con un gesto della mano mentre è al tavolo di una stanza in penombra con altri quattro uomini. Solo un raggio di luce arriva dal lato destro della scena, colpisce Levi in particolare, ma anche gli altri uomini, come ad indicare che ogni uomo ha libertà di arbitrio nel scegliere se seguire o meno la via della salvezza.
Nelle storie che dipinge, Caravaggio riporta alcuni elementi della vita del tempo, così il tavolo degli esattori mostra i personaggi negli abiti del tempo, mentre Gesù e Pietro, sulla destra, indossano vesti che sembrano richiamare il passato, quasi a ricordare che la scelta e la decisione di seguire la via della salvezza trapassino il tempo.

Prima versione di S. Matteo e l'Angelo, Caravaggio

Nel 1602, la statua per l'altare maggiore della chiesa eseguita dallo scultore Cobaert fu respinta, così a Caravaggio fu affidato l'incarico della pala d'altare centrale dal tema S. Matteo e l'Angelo.


La prima versione del San Matteo e l'Angelo subì diverse peripezie: venne rifiutata dai committenti, probabilmente perché il santo era rappresentato con un abito semplice la cui mano era letteralmente guidata da un angelo, come se lui non avesse possibilità alcuna di sottrarsi a questo intervento divino. La tela finì a Berlino, dove andò distrutta nel 1945 a causa degli avvenimenti bellici. A noi rimane una copia fotografica in bianco e nero.




Nella seconda versione dell’opera, Matteo indossa un manto, poggia un ginocchio su una seggiola mentre con la mano destra tiene la penna con la quale scrive appoggiandosi al tavolo. Il suo sguardo è rivolto all'angelo che volteggia sopra il suo capo mentre gli parla.

Seconda versione, S. Matteo e l'Angelo, Caravaggio (1602)
In seguito Caravaggio fu chiamato a dipingere un episodio poco rappresentato: la morte per martirio del santo. Matteo è rappresentato al centro, in una veste bianca candida, mentre a terra subisce la “condanna”. La sua mano destra si allunga verso la palma che un angelo su una nuvola gli porge: egli sa di andare incontro al suo martirio. La scena sembra essere ambientata ai giorni del Caravaggio, spogliandosi dell’iconografia classica per diventare un vero e proprio omicidio.

Martirio di S. Matteo, Caravaggio (1600-1601)
Matteo indossa gli abiti del celebrante e alle sue spalle vi sono una croce e l’altare sul quale probabilmente officiava nel momento in cui il carnefice iniziò a colpirlo, come simbolo di un sacrificio di memoria e sangue che richiama la morte di Gesù. I presenti provano paura, stupore, curiosità per questo atto di violenza che irrompe nella giornata del santo come in quella del pittore stesso, che confuso, dietro il carnefice, si ritrae.

Dopo la riscoperta del Caravaggio, questi dipinti raffiguranti S. Matteo sono sicuramente tra i più famosi. Ma quali altri non dovremmo proprio dimenticare?
Quali tra i vostri preferiti?

Scriveteci! 

(foto Creative Commons da www.wikipedia.it)

Eventi Smartiani: Unotrezerouno fa rinascere un'Abbazia abruzzese


L'8 ed il 9 Luglio presso l'abbazia di s. Maria di Propezzano a Morro d'Oro (TE), si terrà l'evento Unotrezerouno.
Un'occasione per visitare il monastero benedettino dalle 18 alle 24 con apertura straordinaria e per vivere una due giorni ricca di arte e di cultura.
Organizzato dall'associazione di Morro d'Oro Dietro le Fo', UNOTREZEROUNO coinvolgerà giovani professionisti ed artisti con un ricco programma: il Gruppo FAI Giovani accompagnerà i visitatori nelle visite al complesso, Emanuela Amadio (docente CFC di Pescara) organizzerà il contest fotografico Discover Propezzano e Martina Lolli curerà l'esposizione delle installazioni audiovisive inedite dei collettivi minimalisti Minus.log e Triac. 

Le serate saranno poi allietate da live performance dei musicisti Inutili e The Dead Man Singing on the moon che rappresenteranno il contrappunto estetico e temporale della sezione artistica. 
Si proseguirà poi con il dj set di musicisti che dialogheranno direttamente con l'abbazia, come Globster che sonorizzerà campionamenti di suoni ambientali registrati sul luogo.

L'abbazia di Propezzano è un magistrale esempio di architettura romanica abruzzese che trae ispirazione dalla semplicità delle forme e dalla modulazione dei materiali. Tutto è perfettamente accordato per richiamare alla pace e alla serenità dello spirito alle quali queste strutture erano vocate. 
L'organizzazione di un evento così eclettico non solo esalta l'antico splendore dell'Abbazia come luogo ameno di riflessione e crescita personale, ma rinnova la commistione di generi, attività e aspirazioni che sono intrinseci dello spirito benedettino sempre aperto alla novità, alla conoscenza e alle nuove forme di aggregazione. 


Per tutte le informazioni sugli orari e per consultare il programma specifico, avete a disposizione il sito: http://www.unotrezerouno.tk/ e  la pagina Facebook

Speriamo vivamente di poter partecipare alla manifestazione per raccogliere dal vivo le emozioni del momento. Se avrete la fortuna di partecipare, raccontateci la vostra esperienza!






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