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Musei e social media: Museum Analytics


Come valutare la rilevanza online dei musei?
Uno strumento utile è Museum Analytics, una piattaforma online per la condivisione e la discussione delle informazioni relative ai musei ed al loro pubblico.
Al suo interno sono consultabili delle classifiche basate su:
- il numero di visitatori al museo
- i siti Web istituzionali più visitati
- le pagine Facebook più seguite
- i profili Twitter più seguiti
- la classifica dei musei sulla base dei precedenti dati.

Come funzionaquotidianamente i numeri di ogni museo vengono aggiornati sulla base di dati reali. I musei possono ricevere a cadenza settimanale, mensile o annuale, un report che aiuti i responsabili della comunicazione a valutare i propri piani di azione e la loro efficacia.
L'accesso ai report è però riservato ai musei inseriti nel progetto: come può allora essere per tutti uno strumento utile?
Al momento sono presenti nel progetto oltre 3.000 musei, ma come tenere in conto l'impatto che questi musei di tutto il mondo hanno quotidianamente sul Web?
Come usare questi dati?

I dati vanno incrociati ai piani di comunicazione delle istituzioni virtuose... come fare dunque?

Museum Analytics non ci da le strategie vincenti, ma degli input che dobbiamo essere in grado di interpretare:
- chi sono i musei più seguiti online?
- quali sono le loro peculiarità?
- perché le persone li seguono online?
Qui nasce il vero lavoro del social media manager. Scrivo di lavoro perché questa figura necessiterà di osservare e studiare le strategie di comunicazione di queste istituzioni, dovrà forse spaziare a casi vincenti di settori differenti. 
Elaborare questi dati e renderli informazione preziosa necessita tempo, capacità di analisi, abilità nell'interpolazione di dati, competenze comunicative, capacità di focalizzare il vero valore che si vuole comunicare.

E la curiosità di porsi delle domande:
- come comunicano le grandi istituzioni museali con gli user?
- che linguaggio usano?
- che tipo di post pubblicano?
- differenziano il loro pubblico?
- quali sono i loro obiettivi a lungo termine?
- come pianificano delle campagne orientate al Web?

Le istituzioni museali più recettive al Web si stanno dotando di figure professionali nuove e ibride che abbiano competenze sia nel settore culturale che in quello comunicativo, in grado di elaborare piani di comunicazione che mostrino l'istituzione che rappresentano come un'identità culturale chiara, forte e unitaria.

Va ricordato che i numeri consultabili su Museum Analytics non sono conclusivi della situazione generale del museo, nè dell'engament (il grado di coinvolgimento) degli utenti online.
Come usare allora questi dati?
I dati devono diventare informazione, e oso dire che le pagine più attive e che più sembrano funzionare devono essere uno spunto per una campagna di comunicazione fresca e pianificata in funzione dell'obiettivo: creare valore culturale, dare all'utente qualcosa, un'immagine, una storia, una frase, che lo accompagni per un pò e che gli faccia venire il desiderio di scoprire qualcosa di più, di scegliere come destinazione quella istituzione.
Oserei chiamare questo obiettivo "punto di partenza": una nuova storia in cui avviene finalmente l'incontro tra l'istituzione e il fruitore, e che necessita di tutt'altre attenzioni.



Notizia smartiana: la Nike di Samotracia torna ad incantare il Louvre


Dopo un restauro lungo dieci mesi la scultura della Nike di Samotracia, statua del periodo ellenistico datata tra il 200 e 180 a.C, torna a splendere sull'Escalier Daru del Louvre. La statua, acefala, venne ritrovata a Samotracia, un'isola dell'Ege,o nel 1863 e venne scolpita a Rodi per celebrare una vittoria navale. 
L'intervento è costato quattro milioni di euro grazie alla collaborazione tra cittadini ed istituti pubblici e privati. 

La rivedremo nel suo splendente panneggio investito da un vento immaginario col petto che si erge di fronte al cedere delle ali. La mancanza delle braccia e della testa sembra quasi non sentirsi data l'impetuosità delle ali e del corpo. Le gambe, ben salde alla nave che la tiene sulle acque, giocano un ruolo fondamentale in quel riproporre l'equilibrio classico che celebre rese la scultura greca in tutto il mondo. 

L'attuale collocazione della statua, sebbene fuori contesto e sviscerata dal suo significato celebrativo, è in realtà strategico e simbolico, dando un valore iconico al Louvre. Nell'antica Grecia la Nike, letteralmente Vittoria, era il simbolo della vittoria, tornato in voga durante le campagne di Alessandro Magno ed era legata alla dea Atena.



In questa rilettura di significato, del tutto moderno e legato alla natura didattica del Louvre, possiamo dire che afferma un'altra vittoria: quella della cultura sul mondo. 
Per questo direi che è un simbolo anche smartiano: aprite le ali alla vittoria!!




Curiosità smartiane: La Girandola di sant'Angelo: storia e curiosità

Il 29 giugno a Roma è festa patronale. Si omaggiano i santi Pietro e Paolo, custodi del cristianesimo e fondatori di questa nuova religione nel primo secolo d.C.

Dal 2008 è stata ripristinata un’antichissima tradizione che si chiama “La Girandola di s. Angelo”, uno spettacolo pirotecnico che si svolge proprio presso il celeberrimo castel s. Angelo a Roma e che riflette luci e fuochi nel maestoso Tevere.

Conoscete, però, l’origine della festa?

Si tratta di un evento promosso da Sisto IV per esaltare il suo pontificato e rendere omaggio alla chiesa romana in una giornata così importante. La prima girandola risale al 1481.

Il papa della Sistina (che però fece decorare Giulio II), il papa che migliorò e ingrandì la Biblioteca Apostolica vaticana e colui che realizzò il Ponte Sisto che consentiva un accesso più facilitato a s. Pietro, passa alla storia anche per questo evento che nei secoli divenne fulcro degli eventi romani.


Lo spettacolo pirotecnico, infatti, proseguì ininterrottamente fino al 1886 e curiose sono le cause della sua interruzione: i danni provocati alle strutture. E non solo aggiungerei.

La potenza dei fuochi ha portato alla lesione e alla rottura di alcuni apparati architettonici, ma ciò che sorprende è che la festa divenne talmente importante che non si esitava ad utilizzare i documenti di archivio della curia per realizzare i cartocci di polvere pirica!

Alla progettazione della girandola parteciparono grandi personalità e artisti come Michelangelo Buonarroti e Gianlorenzo Bernini che ne diedero l’impostazione tecnica e architettonica. Da tutta Europa venivano turisti per assistere all’evento e Charles Dickens ne parla nei suoi scritti.



Nel 2008 l’idea di riportarla in auge è venuta da Giuseppe Passeri che ha eseguito una ricostruzione filologica dell’evento tant’è che i fuochi sono realizzati seguendo le indicazioni dei maestri del Rinascimento. Non manca però la tecnologia e le più sofisticate tecniche di ingegneria per il controllo e la sicurezza dei fuochi.

Si tratta di una manifestazione unica nel suo genere che rende ancora più magica la permanenza nella capitale.

Che dire? Smartiani che siete a Roma cominciate a prendere posto (la migliore visuale è a Ponte Sant’Angelo, Lungotevere Tor di Nona, Lungotevere degli Altoviti, Ponte Vittorio Emanuele II, Ponte Principe Amedeo di Savoia Aosta, Ponte Umberto I e via del Banco di Santo Spirito) e godetevi il cielo brillante di Roma tra statue, profili architettonici, storia, cultura e il Tevere che culla e riflette le luci e i colori dei fuochi della Girandola.
Sappiate che, come sempre in questa città, entrerete nella storia!

Vi lascio con un pensiero in versi di Gioacchino Belli, dedicato alla Girandola del 1934, realizzata il lunedì dell’Angelo:

 Ce fussi a la ggirànnola jjerzera?
Ma eh? cche ffuntanoni! eh? cche scappate!
quante bbattajjerie! Ce fussi a la ggirànnola jjerzera?
cristo, er monno de razzi che nun c’era!
            
    E la vedessiquela lusce nera
c’ussciva da le fiamme illuminate?
Nun paréveno furie scatenate
che vvienissin a ffà nnas’e pprimiera?
             
    E ll’Angelo che stava in de l’interno
10de quer fume co ttutto er zu’ palosso,
nun pareva un demonio de l’inferno?
             
    E ’r foco bbianco? e ’r foco verde? e ’r rosso?
Disce che inzino a cquelli der Governo
je parze avé sti tre ccolori addosso!
cristo, er monno de razzi che nun c’era!
            
    E la vedessi quela lusce nera
c’ussciva da le fiamme illuminate?
Nun paréveno furie scatenate
che vvienissin’ a ffà nnas’e pprimiera?
             
    E ll’Angelo che stava in de l’interno
10de quer fume co ttutto er zu’ palosso,
nun pareva un demonio de l’inferno?
             
    E ’r foco bbianco? e ’r foco verde? e ’r rosso?
Disceche inzino a cquelli der Governo
je parze avé sti tre ccolori addosso![11 che ccannonate!
cristo, er monno de razzi che nun c’era! "

Al prossimo evento smartiano!

Riflessioni smartiane: Riconoscimento delle professioni culturali: un punto di partenza

Ieri un post condiviso su un gruppo spento di cui faccio parte ha visto passare una sarcastica cometa. Parlo di gruppo spento perché nonostante l'energia e la carica positiva per lo svolgimento di un corso in un settore teoricamente fondamentale per il nostro patrimonio (correva l'anno 2007), dopo appena sette anni dalla conclusione del corso tecnico superiore in Diagnostica applicata al restauro, sembra finalmente arrivare il riconoscimento delle professioni culturali.

Sette anni fa: il momento in cui arrancavo nei corridoi di quella università in cui non mi riconoscevo più, quei corridoi che percepivo così grigi e tristi da sentirmene appiattita.
Sette anni fa: la scoperta di un mondo affascinante e coloratamente pigmentato, dominato dalla scienza, dalle attività di laboratorio, dall'elaborazione di dati che completano il quadro di una sfera incredibile qual è quella dell'arte.
Sette anni fa: la presa di coscienza di volermi specializzare in diagnostica, il ponte che avevo invano cercato per anni tra sfera umanistica e strettamente scientifica, finalmente una possibile strada da percorrere davanti a me.
Sette anni fa: la decisione di allontanarmi dalla mia amata terra, mollare tutto e partire alla volta di un'università ed una città sconociute, con la certezza di tornare. Tornare con competenze nuove, riconosciute, professionalizzanti.
Con valigia e cuore in mano, occhi velati, partii dalla Sardegna alla volta di Ravenna, e ancora sono qui, impegnata nella costruzione di un sogno.
Allora non avrei mai pensato ad un blog dedicato alla cultura, di trovare il coraggio di espormi e scrivere in prima persona ciò che vivo e sento, svelare il mio sguardo sul mondo, vedere i miei sogni di ricerca su diversi scenari. Come una crocerossina, volgo il mio interesse alle sfere culturali in difficoltà: sette anni fa sognavo la diagnostica, ora, diagnosta a tutti gli effetti (o se volete usare il termine tecnico, Conservation Scientist) con una laurea magistrale in mano e un dottorato in corso, sogno una Cultura per tutti, una bellezza più digitale. Sogno una comunicazione ed un marketing culturale che facciano risplendere tutte le peculiarità del nostro territorio, sogno che anche questo sia riconosciuto come professione, come lavoro da retribuire. Sogno di non sentirmi più dire che non sia possibile aprire, all'interno di un ciclo di lezioni, una finestra sull'economia della Cultura. Sogno di non essere chiamata illusa, ma combattente, perché continuare a credere in ciò che faccio e impiegarci tante energie, costa sacrifici e delusioni.
Tuffo nel passato e torno nel presente, consapevole della strada percorsa, delle competenze acquisite, delle battaglie vinte e di quelle perse. Negli ultimi giorni, più volte mi sono trovata a dire che "nel bene o nel male, purtroppo in tutto questo ci credo ancora". Giustiziera di cause nobili e bistrattate, sono ancora qui, in Italia, a lottare.

Col mio viaggio continua anche quello dell'iter legislativo del Ddl n. 362, che porterà delle modifiche al Codice dei Beni Culturali in materia di professioni culturali. Il disegno di legge riconoscerà (pare) come professionisti dei beni culturali: archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi, esperti di diagnostica e di scienze e di tecnologia applicate ai beni culturale, storici dell'arte.
Gli smottamenti in questo settore stupiscono e si vestono di sospetto: troppi movimenti per un settore che non è ritenuto portante nell'economia di questo strano paese? Si tratta dello zuccherino a chi da anni lotta per il riconoscimento della propria competenza al pari di coloro che hanno un proprio albo?
Quel che è certo è che finalmente la dignità di chi si è formato con anni di studio e ricerca verrà finalmente sancita. Il paese in cui chi studia il patrimonio non è riconosciuto come professionista, è un paese privo di capacità di visione strategica. Come valorizzare la propria nazione senza conoscerne le ricchezze e l'identità culturali?
Per concludere, riconoscimento o no, nel mio piccolo mondo continuo a percepire lotte e problemi di non-comunicazione tra i diversi settori del patrimonio. Stiamo costruendo un futuro per tutti, dove la competenza di ognuno sia sinergica al lavoro degli altri professionisti? Ora la nostra visione dovrebbe spostarsi su questo: come convivere e collaborare realmente per la costruzione di un percorso lavorativo insieme.



Alcuni link:

Luoghi smartiani: Le valli di Piero Della Francesca



La prima volta che ho visto un dipinto di Piero Della Francesca (1406/1416- 1492) avevo 18 anni.
Ero a Londra, alla National Gallery e, già innamorata della storia dell’arte, ero lì a vagare tra le opere degli italiani.
In fondo alla sala lo vidi… era così splendido! Ancora adesso se ci penso ho il magone allo stomaco. Quello che mi colpì fu la grazia che governa il dipinto e l’eleganza del s.Giovanni che compie il rito del battesimo. Non mancarono le lacrime che sgorgarono come un fiume in piena in una sorta di sindrome di Stendhal.



Sono passati dieci anni da quell’episodio e la mia passione per l’arte e per questo grande pittore si è alimentata giorno per giorno. L’ho studiato fino in fondo, cercando le radici di quei tratti e le ragioni di quei lineamenti. Il secondo incontro con la sua pittura è stato quello con “La Madonna del parto”, conservata a  Monterchi (AR). 


"Madonna del Parto", Monterchi (AR)

La osservavo curiosa dai manuali immaginando la sensazione che mi avrebbe suscitato dal vivo. Da quel volto e quella popolarità ne è nato il mio progetto di dottorato purtroppo non portato a compimento.
Quest’anno ho finalmente realizzato il mio piccolo sogno, ricevendo in regalo due giorni nella provincia di Arezzo, scorazzando nella Valtiberina (per info) che Piero amò per tutta la sua vita.
Fu un pittore straordinario e un matematico eccellente; con lui la pittura divenne geometria, ricerca prospettica e i volti così profondamente umani diedero la spinta a quell’Umanesimo fiorente che si espanse poi a livello nazionale.
Fu maestro del grande Perugino e venne chiamato in diverse corti italiane a prestare la sua opera. Lavorò anche a Roma, alle Stanze Vaticane, ma i suoi affreschi furono barbaramente eliminati per far spazio al giovane Raffaello Sanzio.
La fama che lo caratterizza, però, è concentrata in questo fazzoletto di terra toscana, tra l’Emilia Romagna, le Marche e l’Umbria che raccoglie storie di confine e apre le porte a paesaggi mozzafiato.
Queste terre sono dei dipinti a cielo aperto, ricche di storia, tradizioni e cultura e osservare i dipinti di Piero nel suo contesto accentua il rapporto tra l’arte e il territorio, dimostrando ancora una volta la fortuna e la ricchezza che la nostra nazione ha rispetto all’asetticità di un museo che, per quanto importante e rinomato, mai potrà restituire l’humus d’origine della produzione artistica.
Piero è nei paesaggi che si scorgono dall'Eremo di Montecasale e dal bellissimo borgo di Anghiari, è nelle vallate che si osservano dalle finestre del Museo della "Madonna del Parto", è nell'odore dei pini, negli sguardi dei leprotti che ti attraversano la strada, è nella luce che illumina la torre di SanSepolcro. 
La "Leggenda della Vera Croce" da lui dipinta nella chiesa di s.Francesco ad Arezzo ha reso il borgo di s. Sepolcro la nuova Gerusalemme grazie a quei paesaggi. E puoi trovarli, li riconosci e ne comprendi la profondità. Non dimentichiamo che in queste zone nacque un altro grande dell'arte internazionale: Michelangelo Buonarroti che nacque a Caprese Michelangelo.


Arezzo

Anghiari (AR)

Riflettiamo profondamente su questi aspetti perché sono peculiari nella costruzione di una consapevolezza storica e sociale che stiamo perdendo. Dare valore a ciò che ci circonda è il segreto per non soccombere. Osservare quelle movenze e quei volti lì dove sono stati concepiti è un valore aggiunto che non tutti possono permettersi.
E di nuovo torna, con una forza rinnovata, quel magone che sentii dieci anni or sono. Emozioni che non si possono descrivere, un amore che non ha bisogno di parole per esprimersi ma che si condensa in uno sguardo in cui gli occhi non possono che luccicare di gioia.
Essere lì per me è stata una vittoria indescrivibile e ha rafforzato la convinzione che vivere di cultura è possibile ed io sono nata per questo. Ogni territorio, ogni singola opera e ogni struttura adibita alla conservazione e alla tutela del nostro patrimonio chiede a gran voce attenzione.
Dalle collezioni allestite in modo scialbo alle informazioni poco chiare, tutto denuncia una carenza strutturale sorprendente. Abbiamo bisogno di nuove forze per tirare su un sistema che, nonostante queste mancanze, ha un richiamo inimmaginabile. Mi sono sorpresa nel constatare che nelle zone visitate la presenza degli stranieri era preponderante. Perché gli stranieri vanno alla ricerca di Piero Della Francesca e gli italiani quasi ne ignorano la grandezza?

Bisogna partire da questo, riflettere sulle necessità e le opportunità di questo paese allo sbaraglio. E’ arrivato il momento di mettersi in gioco e di farlo con le proprie possibilità senza aspettare che arrivi il miracolo dal cielo.
Io sono tornata arricchita da questa esperienza e spronata a fare di più, a dare di più affinché i sogni di quella ragazzina che ero a 18 anni possano davvero concretizzarsi in una realtà che renda la mia vita e quella degli altri piena di valori nuovi di cui riempirsi.


Ultima riflessione: 10 anni fa davanti a quel dipinto ero sola e mi sentivo sola. Stavolta avevo il giusto compagno di viaggio e credo che questo sia un aspetto fondamentale per la vita di tutti.
Avere accanto chi perfettamente comprende cosa fai e perché lo fai è il primo grande passo per essere sm-Art people.
Io sono fortunata, non smettete mai di cercare il vostro compagno di viaggio.

Al prossimo luogo.

Riflessioni smartiane: "Eppur si muove"? O ci ubriachiamo di illusioni?



Da diversi giorni rimbalza online la notizia del Decreto Cultura promosso dal ministro Franceschini (rif. http://www.tafter.it/wp-content/uploads/2014/05/Decreto_Turismo_Cultura_DL_MIBACT-15-maggio-2014.pdf). 
Per due notti ho perso il sonno e la vista a leggere gli articoli del provvedimento cercando qui e là con il mio immancabile spirito sognatore le parole sperate.
Interessanti le proposte: possibilità di poter finalmente scattare foto nei musei e condividerle (senza scopo di lucro), finanziamento per la musica lirica, rinnovamento della tax credit per la musica.
Su tutti, l'articolo che ha fatto più notizia è quello legato al mecenatismo: chi investe in cultura ha agevolazioni fiscali fino al 65% ammortizzabili in tre anni. 
I musei e le istituzioni, previa giustificazione delle spese e obbligo di pubblicazione dei finanziamenti ricevuti, possono accogliere investimenti da privati per favorire il recupero, la tutela e la valorizzazione dei beni in loro gestione.
Che bello, si direbbe! Ma il personale attualmente assunto è in grado di fare questo tipo di programmazione? Sa gestire i progetti e valutare con metodi scientifici e competenze tecniche il da farsi?
Scrutando per bene ogni singolo emendamento, correzione e/o proposta, noto qui e là provvedimenti un po’ ambigui: dalla gestione del “Progetto Pompei” che prevederà norme più semplici per velocizzare gli interventi alla proposta di gestione per gli spazi della Reggia di Caserta fino all’introduzione di una Tourist Card che dovrebbe agevolare negli acquisti, nelle prenotazioni e negli spostamenti i turisti che vengono in Italia.
Riflessioni: semplificare la procedura per l'accesso ai finanziamenti è davvero la strada più efficace?
Affidare a manager (esperti di cosa?!) la gestione di patrimoni così compositi e vasti come la Reggia di Caserta è davvero quello di cui si ha bisogno? Proporre l'ennesima card come se fossimo alla COOP è davvero un servizio ai turisti?

Ho provato ad esultare di fronte a queste novità, a trovare il valore di simili scelte eppure manca qualcosa. Sembra tutto girare intorno ad una corsa a tamponare i buchi, a mettere le pezze su un sistema che, ahimè, va riformato dalla radice.
“Cosa servirebbe?” è la domanda ricorrente per me. La risposta è quella che inseguo da anni, quella che ho ascoltato iscrivendomi alla facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. Ci vuole competenza. Per salvare un Ministero allo sbaraglio non bastano due norme e qualche incontro formale, vedi ad esempio la riunione del 30 maggio per discutere di “Comunicazione sul Web”. L’intero sistema va rivisto dalle fondamenta; non sono i selfie e qualche scatto intelligente a dare linfa vitale ad un settore allo sbando.
C’è bisogno di forze nuove; c’è bisogno di un rinnovato interesse che parta dal sociale e che si riconosca in nuove figure professionali formate su altre esperienze, come quella sul Web.
La comunicazione e la divulgazione delle immagini devono essere libere dalle costrizioni burocratiche ed essere affidate a persone che vogliono fare della cultura il proprio mestiere e non l’”hobby” delle ore notturne (come me in questo caso che scrivo alle 00.30 dal mio letto).
In rete ci sono numerosi progetti in questo senso: si sta capendo che la rete, la condivisione e lo sviluppo di piani di comunicazione integrati sono la giusta risposta. O rappresentano comunque un inizio di un movimento.
Vogliamo davvero puntare sulla cultura per ragioni sociali ed economiche o ci piace ormai riempirci la bocca della parola cultura per pura retorica?
Generare valore dalla cultura si può, ma il valore parte dalle persone, da chi ama questo settore e ne vuole sposare la causa dandogli nuove opportunità. 
Mi stupisce che si pensi ai manager per risolvere i problemi della cultura. Se i manager non sono riusciti a risolvere il problema della crisi economica mondiale, come possono aiutare la cultura? E con quali competenze?
La cultura non ha numeri quantificabili, non ha ricadute misurabili e non ha proiezioni prevedibili.
La cultura vive di conoscenza. La cultura necessità di diffusione e partecipazione.


Online siamo in tanti a credere che lavorare in cultura si può, ma abbiamo bisogno di un'occasione concreta, non di uno spazio in rete vincolato a dei contenuti che in un certo senso "ci cantiamo e ci suoniamo da soli".



Che dire, noi ci siamo. Ma il governo c'è?

"Eppur si muove" diceva qualcuno... ma ho l'impressione che in questo caso ci stiano ubriacando di parole.


Riflettiamo. Insieme.

Citazione smartiana: Giacomo Leopardi


" Primavera dintorno
  Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
  Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
  Odi greggi belar, muggire armenti;
  Gli altri augelli contenti, a gara insieme
  Per lo libero ciel fan mille giri,
  Pur festeggiando il lor tempo migliore "
  G. Leopardi, Il passero solitario


Riflessioni smartiane: Buon senso: dov'era, com'era. Riflessioni sull'incontro degli storici dell'arte a Mirandola

"Palazzi e chiese e opere d’arte sono il fascio di nervi che tiene in funzione i neuroni rimasti a noi italiani". Frase ad effetto, no? Eppure, a pensarci bene, credo che quel fascio di nervi si sia assopito e si sia ammutolito nel silenzio delle pietre di ieri e del cemento di oggi. 
L'espressione è tratta da un articolo dedicato all'appuntamento "Mirandola 04 maggio: com'era, dov'era" (qui il testo). Seconda frase ad effetto. 






Di cosa si tratta? E' una sorta di chiamata alle armi episodio 2 che mira a coinvolgere "storici dell’arte, architetti e professionisti affini" in un atto di sensibilizzazione verso i modus operandi nella ricostruzione post sisma in Emilia. 
Scrivo episodio 2 perché lo scorso anno la manifestazione si è svolta, su idea del prof. Tomaso Montanari a l'Aquila, richiamando oltre 1000 presenze di addetti ai lavori (anche gli studenti li considero tali). Si passa insomma di terremoto in terremoto, in un fascio di nervi in macerie, appunto.

Nel capoluogo abruzzese io c'ero e ho raccontato sul blog quell'esperienza sia nelle aspettative dell'andata (qui il testo) sia nelle riflessioni del ritorno (qui il testo). 
Porto ancora addosso la sensazione positiva di aver vissuto finalmente un'esperienza che mi rendeva consapevole di appartenere ad una comunità, quella degli operatori culturali, che sapeva bene dove direzionarsi, che aveva finalmente riconosciuto il proprio ruolo di connettore tra la storia, il presente e il futuro. 
A L'Aquila hanno strappato il passato, l'identità e il tessuto urbano della città, ne hanno completamente scardinato l'equilibrio e la stabilità che solo la stratificazione cittadina e sociale possono tutelare. 
Mi riconoscevo in quell'intento di manifestare col silenzio il dissenso; di far valere le ragioni storiche agli interessi di un sistema marcio nel profondo. La speculazione era evidente ed era un dovere civico essere lì a testimoniare con la nostra conoscenza che il futuro si costruisce dal passato.  

Perchè però adesso sono qui a dubitare? Perchè ho deciso di non andare a Mirandola, più vicina e comoda, visto che vivo in Emilia Romagna? 
La risposta è presto detta: ancora una volta sono delusa. Ripetere quest'iniziativa in un altro luogo terremotato, associare due realtà diverse con motivazioni diverse e schierarsi nella posizione estrema di un "Com'era, dov'era" non sono altro che manifestazioni di un interesse che, sebbene possa non essere speculativo, ha radicata l'idea di estremizzazione e di scontro. 

Io sono un conservatore, conosco i materiali e le tecniche di costruzione, sono in grado di discernere cosa si può conservare, cosa recuperare e cosa ahimè documentare e ricostruire con una nuova identità. 

La frase di Montanari: "Ritengo sia meglio rischiare un falso storico che rischiare la perdita di identità di una comunità e quindi la giornata di Mirandola è in continuità con quella de L’Aquila", mi fa rabbrividire. Il paragone con le Guerre Mondiali e i recuperi di istituzioni importantissime dal punto di vista sociale e culturale (ad esempio l'Archiginnasio di Bologna dove ho avuto la fortuna di studiare per i miei esami), non tengono le ragioni di un "dov'era, com'era" e mi pongono mille interrogativi sulla forza che noi operatori culturali abbiamo. 
Falsificare la storia o i monumenti non ha lo stesso effetto di uno scempio? Non mina comunque la storia di un luogo? 

Non ci vogliono posizioni estreme, ci vuole BUON SENSO. 
E questo buon senso manca: nella cultura, nella politica, nei cittadini di quest'Italia che a qualunque latitudine vivono solo per tirare acqua al proprio mulino, senza capire che il fiume che fa girare le pale è unico e appartiene a tutti.
Ogni monumento andrebbe valutato insieme, in un accordo corale tra diverse professioni che possa trovare la soluzione migliore per il bene in sè e per la comunità.
Perchè ostinatamente conservatori? Perchè ostinatamente progressisti?
Sono due facce della stessa medaglia!
Io sono stufa di illudermi, sono stufa di meravigliarmi per le bellezze di questo paese e le nefandezze dei suoi cittadini. 
Ho scelto di specializzarmi nel settore dei beni culturali perchè credo nel potere della cultura, credo nel valore che produce e nell'immortalità dei suoi insegnamenti. Non posso però essere rappresentata in questo settore da arretrate e superate posizioni demagogiche. O dall'altra parte da subdole e interessate posizioni rinnovatrici. 
Non mi serve nè l'una nè l'altra.
Abbiamo bisogno di coscienza, abbiamo bisogno di competenze in grado di guardare in faccia una realtà che sia comunitaria e condivisa.

Da "L'Aquila 05 maggio" non è scaturito nulla, se non un assordante silenzio, come quello che abbiamo sentito in Abruzzo. E' quella l'eredità dell'Aquila? Noi storici dell'arte generiamo silenzio?
Cosa scaturità da Mirandola? 
Questo post non ha valore di protesta; è un appello e una richiesta d'aiuto. Ho scelto l'immagine per eccellenza del terremoto in Emilia: una torre dell'orologio smembrata. Ostinarsi a recuperarla? Buttarla giù e realizzare una scultura contemporanea? 
La risposta io non ce l'ho, ma si può e si deve trovare insieme. Che il terremoto sia occasione di evoluzione e di ragionamento su come limitare i danni di disastri non prevedibili magari adottando norme e tutele prevedibili e valutabili.  





Arrivata alla meta dei 30 anni pretendo delle risposte sul perché di un fallimento colossale nella gestione dei Beni Culturali. Volete sapere perchè? Perchè minacciosamente pende sul mio personale fallimento.
Fallimento per tutti, fallimento per uno. Notate quanto sia importante essere uniti?






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