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Archive for maggio 2013

Sul sentiero di Tùkè...

E poi ti trovi ancora qui, aggrappato all'energia che solo lavorare alla realizzazione di un qualcosa di davvero tuo può dare... qualunque giorno sia, qualunque ora sia, qualunque grado di stanchezza abbia raggiunto.
Oscilli tra buonumore e dubbio, dall'essere positivo alla consapevolezza che sarai sempre svantaggiato davanti a chi ha qualcosa di più concreto, più agganci, più fondi... ma anche le nonne, con la loro esperienza di vita, ti dicono che "un giorno, il tuo impegno e il tuo merito verranno riconosciuti".
Musica alle orecchie, invito la creatività a stare con me per creare una nuova formula, una vera formula, per spiegare come questo mondo Tùkè ha delle radici in un qualcosa di lontano e forte nel tempo...
Un'entità gentile guida me e i miei pensieri su un sentiero bianco...

"Non avere timore, tu che vai a curiosare in questa agorà,
ma non sfidare i cittadini della Cultura... 
buona sorte e creatività sono dalla loro parte!
Le loro armi possono essere taglienti, 
ma sono solo parole,
vogliono solo scortarti 
in un mondo di immagini e bellezza,
ricordarti che dalle parole nasce il confronto,
un cammino sulle torri della Conoscenza..."

... come un matematico riscrivo le origini.






Democrazia: l'importante è partecipare


Ecco perché sono qui, in terza fila, taccuino alla mano, all’incontro proposto dal Gruppo dello Zuccherificio per la V edizione del grido della farfalla, il festival dell’informazione libera, in questi giorni a Ravenna... in ascolto dei signori romagnoli: GdZ, vi siete presi dei complimenti. “Il grido della farfalla sembra un’esclamazione di guerra” dicono. Ed io aspetto, consapevole di aver segnato questo appuntamento in agenda senza troppo badare a chi interverrà perché il grido dell’incontro mi ha condotto qui.
#gdf2013. Leggo l’hashtag e maledico lo smartphone in carica. O forse è meglio così, libera di ascoltare. Nonostante la serata fresca, Piazza San Francesco è suggestiva come sempre e mi penso qui, nel 1300, in questa piazza in cui sento le persone, i cittadini, parlare a bassa voce…

Ospiti il giornalista Luca de Biase e il professore Gianfranco Pasquino che apre il dibattito riportandoci all’origine etimologica delle parole “politiche” che usiamo.
Democrazia: dal greco demos, popolo, e cratos, potere. 
I cittadini esprimono il proprio potere attraverso elezioni libere e periodiche, ma i cittadini hanno le risorse, intese come modo e tempo di informarsi, per votare?
Quali doveri hanno i cittadini? Diritto e dovere civico di votare, diritto di scegliere i propri politici, “e come direbbero in Inghilterra, di cacciare i governanti” dice Pasquino. “Se il potere al popolo non c’è, sicuramente non esiste la democrazia. Con, da e per il popolo, diceva Lincoln”.
In quali modalità il popolo esprime la propria partecipazione?
“La risposta ce la da ancora una volta la Costituzione” dice ancora Pasquino. 
Articolo 1. Come popolo siamo depositari della sovranità. "Andiamo all’articolo 49", prosegue il prof, "che è male interpretato, non è l’articolo dei partiti”. Si parla di libera associazione. Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti, per concorrere col metodo democratico a determinare la politica nazionale. Il valore delle parole: concorrere implica partecipazione e competizione.
Quindi il primo luogo sono i partiti. “Per quanto oggi non ci convincano, senza non esiste democrazia”.

Luca de Biase viene interrogato sulla democrazia debole e risponde con una ricerca dell’ONU in materia di analfabetismo funzionale. A un campione di cittadini dei diversi paesi del mondo viene chiesto di leggere un testo e vengono poi sottoposti a delle domande per valutarne l'alfabetizzazione. Si tratta di capire la capacità di leggere e comprendere un testo. L’Italia riporta un poco vantabile 47%  di analfabeti funzionali (il Messico 48%, la Germania 15%).
Potersi informare significa anche avere le capacità di scegliere cosa leggere, o si rientra nella democrazia debole. "I mezzi di comunicazione soffrono di distorsione", aggiunge il giornalista. Il Censis riporta come nel 2009 il 55% della popolazione, prima delle elezioni, si sia informata esclusivamente attraverso i telegiornali. Nel 2007/2008 non ci fu una crescita del numero di crimini in Italia, ma la concentrazione dei servizi televisivi sul tema, ha portato la criminalità a diventare la prima preoccupazione degli italiani.

Pasquino parla di deficit democratico inteso come “mancanza di qualcosa” alla democrazia ed alle istituzioni: può accadere se queste non rappresentano il paese, se vi è un governo di minoranza, se i cittadini sono poco partecipi. Rincara la dose: “in Italia la qualità della democrazia è mediamente insoddisfacente”. Chi deve spiegare come funziona? Le informazioni non girano e non arrivano da chi dovrebbe sapere di più, i partiti non sono i maggiori depositari di queste conoscenze.
Ma è anche importante chiedersi: dove guardiamo la televisione, quando e con chi? Quanto ne è influenzata la nostra percezione delle notizie e la nostra rielaborazione?
“Si può essere ricchi e ignoranti per una sola generazione. Alla seconda si può essere ignoranti, ma non ricchi”.
Bobbio scriveva che la democrazia è “segno delle promesse non mantenute” nel suo libro Il futuro della democrazia edito per la prima volta nel 1984. Commenta Pasquino per Bobbio, suo maestro: “ho chiesto troppo alla democrazia. Dovrei essere meno esigente. La democrazia non può mantenere tutte le promesse, ma deve farle perché i cittadini mirino a raggiungerle".

A entrambi gli ospiti sono state chieste le cause dello scetticismo dei cittadini verso la politica e le istituzioni e del conseguente allontanamento.
Pasquino invita a non nasconderci dietro false scuse: si tratta di cattiva politica, “per quanto l’astensionismo non aiuti e l’allontanarsene sia controproducente” aggiunge.
Luca de Biase torna sul concetto del referendum invitando a riflettere sul come venga usato a strumento del NO violando il segreto (chi va a votare, voterà sì, no?) e ai cittadini viene insegnato a mettere da parte il diritto/dovere del voto.
La politica si deve conquistare la partecipazione dei cittadini.
Qual è la responsabilità dei partiti nell’allontanamento dei cittadini? “I partiti sono deboli, e si indeboliscono quando diventano autoreferenziali e non danno senso di continuità, anche cambiando spesso nome, pensiero, e non essendo presenti sul territorio. I partiti devono saper spiegare la politica a tutti. Il più antico partito d’Europa  è stato fondato nel 1864: è il partito democratico tedesco, e si chiama ancora così”. Pulsione, competenza e continuità sono gli elementi vincenti di un partito: parola di Pasquini.
I nostri strumenti democratici sono superati?
Il Web può forse aiutare, ma la politica è passione e confronto tra le persone.

A fine serata, mi sento più cittadina e più ricca, con qualche domanda nella testa: ma se i partiti non sono depositari di competenza e conoscenza della politica e della costituzione, chi può/deve insegnarla al popolo? Come invertire questa rotta dell’ignoranza politica funzionale? Potranno un giorno i nostri politici entrare ed uscire di scena per poi tornare alla propria professionalità? Come arrivare a questo? Bisogna forse ripartire dalla scuola per la rinascita del senso civico e della partecipazione democratica con un qualcosa di più programmatico, più snello ed accattivante di qualche ora rubata ad altri insegnamenti ?

Venerdì 17: coincidenze o superstizione?

Paura del 17?
Da dove nasce questa e vera e propria fobia?
Si tratta di una superstizione tutta italiana scaturita da una serie di leggende e dall'influenza della smorfia napoletana.

Nell'antica Grecia i pitagorici ritenevano che il numero 17 dovesse essere eliminato in quanto si trova tra due numeri perfetti: il 16 e il 18, che rappresentavano le formule dei quadrilateri.

Passando alla tradizione biblica il numero 17 è legato al diluvio universale raccontato nella Genesi (7, 11).
La pioggia iniziò a cadere il 17° giorno del secondo mese..
e come dimenticare che Gesù muore di venerdì?

Nell'antica Roma sulle tombe dei defunti si trova la parola latina "VIXI" (ho vissuto): indovinate qual è il suo valore numerico!
E' l'anagramma del 17!

Tornando in territorio prettamente italiano, la smorfia napoletana attribuisce al 17 la disgrazia.

Vi diamo uno spiraglio positivo.. in ebraico le lettere tav (9) + vaw (6) + bet (2) compongono la parola "tov", che significa buono.

In Italia però continueremo a sentir parlare di eptakaideicafobia!

Petizione: Claudio Abbado senatore a vita!

"Ho proposto una petizione per sostenere la nomina di Claudio Abbado a Senatore a vita.
Sottoscrivetela anche voi: insieme potremo restituire alla Cultura un ruolo primario in questo Paese!"

Così si legge in un post su facebook di Ilaria Borletti Buitoni, il nostro sottosegretario MIBAC.
Io non voglio entrare nel merito della storia e del percorso di questo illustre direttore d'orchestra italiano: Claudio Abbado ancora dirige è fra i promotori del progetto per la costruzione di un Auditorium a Bologna costruito da Renzo Piano che sarà sede dell'Orchestra Mozart di Abbado e che il 4 Maggio scorso ha diretto gratuitamente il suo concerto a Firenze, al teatro comunale, nonostante la mancanza di fondi.

Ma quello che mi risulta veramente incredibile è percepire tutto questo solo come un modo per cercare consensi sul proprio operato a partire da queste personalità. Il sottosegretario, con i problemi attuali del settore culturale, è impegnato ad aprire petizioni come questa o a scrivere un post sul sostegno all'Unicef così asettico da avvicinarsi ad una comunicato stampa. Ma dov'è l'amore per il nostro patrimonio? I dirigenti del settore veramente non hanno due parole da spendere riguardo alla bellezza in agonia che ci osserva silenziosa quando camminiamo per i nostri centri storici, le nostre strade romane, i parchi naturali?

E vogliamo credere che con un senatore a vita ottantenne in più la Cultura verrà messa in primo piano?
Ma con quali occhi e con quale coraggio mostrare questo "attivismo" ai giovani?

Davanti a questo sono disarmata.

Un post che mostra come le nostre scommesse verranno rimandate a un fiorente domani!

Caro sottosegretario,
ti definisci un'imprenditrice del terzo settore.
Mostraci allora la tua lungimiranza. Noi giovani abbiamo bisogno di credere che una possibilità per noi e per le nostre passioni ci sia, e che siate voi a darcela.
Invece qui ci sentiamo soli e ignorati. Cerchiamo lavoro in un ambito che non è quello culturale perché a mala pena un italiano su due crede nella Cultura. I più forti, faticosamente, cercano una via per rincorrere sogni e conoscenza, considerati pazzi e visionari, o illusi, ma ancora convinti del proprio valore e dell'apporto che si potrebbe dare a questo meraviglioso quanto decadente paese.
Ma come siamo arrivati fino a questo punto?
Chi mai è rimasto indifferente alla bellezza, all'arte, alle città, ai paesaggi?
Eppure il coltello affonda doloroso quando i giovani che han studiato in ambito culturale si pentono delle scelte fatte.. rimpiangere di aver scelto la bellezza e la cultura in un paese come questo è un atto di disperazione.

Mi appello al silenzio per la cucitura delle ferite.

La legge della resistenza. Per l'Aquila, per l'Italia


"L'Aquila 05 maggio", qualche giorno dopo. Ho preferito non scrivere dal treno mentre lo scorrere delle carrozze e il loro scivolare lungo i binari mi accompagnavano nel turbinio di emozioni che mi riportava indietro. Ho deciso di ponderare con calma queste parole e capire bene cosa ha significato quel luogo e quell'incontro. 
Tutto comincia con una mattinata di pioggia. Si parte verso l'Aquila con grande attesa per questa prima volta degli storici dell'arte. Sotto la fontana luminosa siamo in tanti: poco alla volta quegli ombrelli, piccole cupole variegate, diventano un enorme cappello e si parte tutti insieme con il ministro Massimo Bray, Salvatore Settis e Tomaso Montanari, tra gli organizzatori dell'evento. 

Ricordo con nettezza due immagini della giornata che sintetizzano lo spirito che mi accompagna da quando sono tornata. La prima fa proprio riferimento alla passeggiata silenziosa. E' stato un attimo... mi sono voltata indietro ed ho visto una fiumana di gente affollare un vicolo del percorso. Ho pensato: "Siamo tanti" e mi sono sentita felice. Ho avvertito come un brivido lungo la schiena che mi faceva sentire straordinariamente forte. 
La seconda appartiene a qualche momento dopo. Siamo in Piazza Duomo: mentre la folla si dirada a causa della pioggia che ritorna dopo una parentesi di pallido sole, resta al centro un cane, solo, grosso e triste. Sembra quasi non accorgersi della gente che gli gira intorno e se sta lì, come se fosse ormai un rito quotidiano, ad aspettare che un altro giorno tramonti sulla città. 
Fanno riflettere queste due immagini e sono il simbolo di ciò che è stata la giornata e ciò che ha significato essere a l'Aquila. Gli storici dell'arte hanno compiuto un atto di forza e di coraggio. Senza la minima esitazione hanno espresso con vigore ciò che pensano della gestione della cultura nel nostro paese e di come la negligenza che l'accompagna si sia ripercossa sull'Aquila, martire di un modus che è diventato prassi. A questa città abbiamo rubato l'anima. A quel centro storico gli abbiamo tolto la vita. Quello che lo stato ha compiuto è un omicidio premeditato, studiato a tavolino a colpi di mendaci new town.  
Eppure noi abbiamo cominciato da qui, dalle macerie, dal silenzio, dalla fissità che avvolge quelle case distrutte, dall'odore di storia che ancora trasuda da quei brandelli di navate ed absidi nude davanti alla crudeltà di un sistema corrotto, avvelenato, sanguinario. 
La cultura, la storia, il patrimonio non si costruiscono nella teca di un museo, nelle piazze deserte, nelle chiese pericolanti e vuote, nell'ignoranza del passato e nell'indifferenza verso il futuro. La cultura, la storia e il patrimonio sono il passeggiare nelle piazze, il suono delle campane, il fruire dei palazzi storici, la frequentazione delle chiese, il tocco del marmo e della pietra, la conoscenza del passato e la lungimiranza per il futuro.
Parafrasando Settis, bisogna avere una vista bifronte che sia rivolta al passato in virtù del futuro. E chi può rispondere a quest'esigenza? Gli storici dell'arte, senza dubbio. E lo devono fare rinunciando ad essere al servizio di becere esigenze di mercato che non fanno altro che porre la cultura al pubblico ludibrio, facendola scivolare nel business del divertimento e dello svago senza alcun fondamento scientifico e tecnico. Solo partendo da queste considerazioni si può ricostruire l'Aquila affidandola come primo punto ai propri cittadini che la vollero bella e piena di cultura sin dalla fondazione. E solo riconoscendo alla cultura un ruolo fondamentale per la tutela e la salvaguardia della democrazia si può ricominciare al fine di uscire da questa lunga notte che accompagna i beni culturali ormai da anni.
Come il cane randagio che resiste alla solitudine del terremoto non abbandonando il proprio luogo, così io resisto nella mia strenua battaglia al riconoscimento della cultura. Resisto appellandomi a quella legge non scritta della resistenza che mi consente di resistere alle corruzioni del tempo e dello spazio, alle tentazioni della logica consumistica per cui non c'è bisogno di salvaguardare, tutelare e conservare. E dopo l'Aquila lo farò con più forza perché so che non sono sola. 
La speranza è che questa sia davvero solo la prima di una lunga serie di incontri per la salvaguardia del nostro passato e per la tutela del nostro futuro.
Grazie l'Aquila 05 maggio. 

Vita lunga ai social media...


Vita lunga ai social media e alle professioni culturali che finalmente possono dire la propria!
Non sono contraria al volontariato culturale, anzi.. ma voglio essere libera di sceglierlo e non esser obbligata per l'aver studiato un settore mal gestito da chi non lo considera una risorsa, ma un ripiego per chi non ha trovato posizione migliore!


Questo l'articolo in cui si sottolinea come in pochissimo tempo sono state sollevate centinaia di lamentele per la ricerca di volontari, da parte del MiBAC, per la notte dei musei prevista il 18 maggio.
Beh, poter esprimere la propria disapprovazione non significa avere il potere di cambiare qualcosa, ma quando sul nostro fronte ci sarà l'unione, allora sì, la community avrà una massa critica importante.

E da qui la mia mente viaggia in mille direzioni...

Perché, ancora una volta, non usare le professionalità del settore?
Perché chiedere a dei giovani di laurearsi e specializzarsi nella conoscenza del nostro patrimonio per usarli come volontari?
Perché non coinvolgere anche e sopratutto loro dandogli un riconoscimento?
E perché non fare lo sforzo anche solo di donare un qualcosa di simbolico perché questi giovani, che già devono dirottare il proprio percorso lavorativo da ciò per cui hanno studiato, non sentano di aver buttato via delle energie in una laurea?
Perché  gran parte delle iniziative del settore Cultura devono campare sull'attività del volontariato?

Quando crederemo nel valore della NOSTRA eredità?


Direzione l'Aquila... (RI)cominciamo dalla cultura


L'Aquila 05 Maggio. "Bello come titolo" pensai la prima volta che lo lessi. Segnai in agenda con scetticismo, ma conservai un briciolo di innata speranza che contraddistingue chi lavora sfogliando pagine ricche di storie, espressioni della natura e schizzi d'umanità. Di chi parlo? 
Degli storici dell'arte. Siamo una categoria poco nota... di quelli che ci mettono davanti ad un dipinto e noi ne disquisiamo per ore, di quelli che frequentiamo una facoltà facile, di quelli che sono fuori dal percorso lavorativo perché con la cultura non si mangia e di quelli che sono lontani, lontanissimi da chi con giacca e cravatta aggiunge tre/quattro lettere al suo titolo di dottore.
E menomale direi perché alla fine noi siamo quelli che "non essere nella categoria è quello che ci piace". Noi non ci esaltiamo di un titolo o di un riconoscimento... noi i titoli li diamo, i riconoscimenti e le attribuzioni preferiamo farli noi e dietro tutto ciò, cari amici, c'è un mondo governato da un unico e imprescindibile desiderio: la conoscenza. Osservare, commentare, valutare, studiare e alla fine elaborare sono solo alcuni dei nostri verbi che compongono una formula unica, un'equazione frutto di una logica tutta nostra, non dettata.
Siamo creatori visionari e progettiamo meccanismi strani facendo puzzle tra eventi, iconografie e personaggi.
Per una volta, però, domani saremo tutti insieme. E osserveremo. E commenteremo. E valuteremo. E studieremo. E, poi, alla fine elaboreremo. Cosa elaboreranno tanti storici dell'arte? Cosa ci aspettiamo? Ognuno lì con la sua formula, con la propria equazione pronto a cambiare il mondo, o meglio per la prima volta a condividerlo. Non lo faremo, però, in lussuosi e patinati hotel; nè in splendide cornici da palazzi
reali; ma a l'Aquila tra le macerie, in una città di cui vogliamo tirare fuori l'anima che è lì fremente in attesa di essere rinvigorita.Ci piacciono le sfide impossibili, i percorsi non standardizzati. Partiamo perdenti, ma abbiamo un messaggio: cambiare si può, con la cultura.
Ci saranno i big, come Salvatore Settis, la mia grande compagna di viaggio con la quale condivido e perfeziono la mia formula, le nuove sognatrici a me tanto care e, infine, ci sarò io, con il mio fagotto, salita su un regionale stracolmo, cambiando su un intercity in tariffa rigorosamente supereconomy ed una valigia, sempre quella, piena di sogni e la solita intramontabile speranza.


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