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Archive for giugno 2014

Curiosità smartiane: La Girandola di sant'Angelo: storia e curiosità

Il 29 giugno a Roma è festa patronale. Si omaggiano i santi Pietro e Paolo, custodi del cristianesimo e fondatori di questa nuova religione nel primo secolo d.C.

Dal 2008 è stata ripristinata un’antichissima tradizione che si chiama “La Girandola di s. Angelo”, uno spettacolo pirotecnico che si svolge proprio presso il celeberrimo castel s. Angelo a Roma e che riflette luci e fuochi nel maestoso Tevere.

Conoscete, però, l’origine della festa?

Si tratta di un evento promosso da Sisto IV per esaltare il suo pontificato e rendere omaggio alla chiesa romana in una giornata così importante. La prima girandola risale al 1481.

Il papa della Sistina (che però fece decorare Giulio II), il papa che migliorò e ingrandì la Biblioteca Apostolica vaticana e colui che realizzò il Ponte Sisto che consentiva un accesso più facilitato a s. Pietro, passa alla storia anche per questo evento che nei secoli divenne fulcro degli eventi romani.


Lo spettacolo pirotecnico, infatti, proseguì ininterrottamente fino al 1886 e curiose sono le cause della sua interruzione: i danni provocati alle strutture. E non solo aggiungerei.

La potenza dei fuochi ha portato alla lesione e alla rottura di alcuni apparati architettonici, ma ciò che sorprende è che la festa divenne talmente importante che non si esitava ad utilizzare i documenti di archivio della curia per realizzare i cartocci di polvere pirica!

Alla progettazione della girandola parteciparono grandi personalità e artisti come Michelangelo Buonarroti e Gianlorenzo Bernini che ne diedero l’impostazione tecnica e architettonica. Da tutta Europa venivano turisti per assistere all’evento e Charles Dickens ne parla nei suoi scritti.



Nel 2008 l’idea di riportarla in auge è venuta da Giuseppe Passeri che ha eseguito una ricostruzione filologica dell’evento tant’è che i fuochi sono realizzati seguendo le indicazioni dei maestri del Rinascimento. Non manca però la tecnologia e le più sofisticate tecniche di ingegneria per il controllo e la sicurezza dei fuochi.

Si tratta di una manifestazione unica nel suo genere che rende ancora più magica la permanenza nella capitale.

Che dire? Smartiani che siete a Roma cominciate a prendere posto (la migliore visuale è a Ponte Sant’Angelo, Lungotevere Tor di Nona, Lungotevere degli Altoviti, Ponte Vittorio Emanuele II, Ponte Principe Amedeo di Savoia Aosta, Ponte Umberto I e via del Banco di Santo Spirito) e godetevi il cielo brillante di Roma tra statue, profili architettonici, storia, cultura e il Tevere che culla e riflette le luci e i colori dei fuochi della Girandola.
Sappiate che, come sempre in questa città, entrerete nella storia!

Vi lascio con un pensiero in versi di Gioacchino Belli, dedicato alla Girandola del 1934, realizzata il lunedì dell’Angelo:

 Ce fussi a la ggirànnola jjerzera?
Ma eh? cche ffuntanoni! eh? cche scappate!
quante bbattajjerie! Ce fussi a la ggirànnola jjerzera?
cristo, er monno de razzi che nun c’era!
            
    E la vedessiquela lusce nera
c’ussciva da le fiamme illuminate?
Nun paréveno furie scatenate
che vvienissin a ffà nnas’e pprimiera?
             
    E ll’Angelo che stava in de l’interno
10de quer fume co ttutto er zu’ palosso,
nun pareva un demonio de l’inferno?
             
    E ’r foco bbianco? e ’r foco verde? e ’r rosso?
Disce che inzino a cquelli der Governo
je parze avé sti tre ccolori addosso!
cristo, er monno de razzi che nun c’era!
            
    E la vedessi quela lusce nera
c’ussciva da le fiamme illuminate?
Nun paréveno furie scatenate
che vvienissin’ a ffà nnas’e pprimiera?
             
    E ll’Angelo che stava in de l’interno
10de quer fume co ttutto er zu’ palosso,
nun pareva un demonio de l’inferno?
             
    E ’r foco bbianco? e ’r foco verde? e ’r rosso?
Disceche inzino a cquelli der Governo
je parze avé sti tre ccolori addosso![11 che ccannonate!
cristo, er monno de razzi che nun c’era! "

Al prossimo evento smartiano!

Riflessioni smartiane: Riconoscimento delle professioni culturali: un punto di partenza

Ieri un post condiviso su un gruppo spento di cui faccio parte ha visto passare una sarcastica cometa. Parlo di gruppo spento perché nonostante l'energia e la carica positiva per lo svolgimento di un corso in un settore teoricamente fondamentale per il nostro patrimonio (correva l'anno 2007), dopo appena sette anni dalla conclusione del corso tecnico superiore in Diagnostica applicata al restauro, sembra finalmente arrivare il riconoscimento delle professioni culturali.

Sette anni fa: il momento in cui arrancavo nei corridoi di quella università in cui non mi riconoscevo più, quei corridoi che percepivo così grigi e tristi da sentirmene appiattita.
Sette anni fa: la scoperta di un mondo affascinante e coloratamente pigmentato, dominato dalla scienza, dalle attività di laboratorio, dall'elaborazione di dati che completano il quadro di una sfera incredibile qual è quella dell'arte.
Sette anni fa: la presa di coscienza di volermi specializzare in diagnostica, il ponte che avevo invano cercato per anni tra sfera umanistica e strettamente scientifica, finalmente una possibile strada da percorrere davanti a me.
Sette anni fa: la decisione di allontanarmi dalla mia amata terra, mollare tutto e partire alla volta di un'università ed una città sconociute, con la certezza di tornare. Tornare con competenze nuove, riconosciute, professionalizzanti.
Con valigia e cuore in mano, occhi velati, partii dalla Sardegna alla volta di Ravenna, e ancora sono qui, impegnata nella costruzione di un sogno.
Allora non avrei mai pensato ad un blog dedicato alla cultura, di trovare il coraggio di espormi e scrivere in prima persona ciò che vivo e sento, svelare il mio sguardo sul mondo, vedere i miei sogni di ricerca su diversi scenari. Come una crocerossina, volgo il mio interesse alle sfere culturali in difficoltà: sette anni fa sognavo la diagnostica, ora, diagnosta a tutti gli effetti (o se volete usare il termine tecnico, Conservation Scientist) con una laurea magistrale in mano e un dottorato in corso, sogno una Cultura per tutti, una bellezza più digitale. Sogno una comunicazione ed un marketing culturale che facciano risplendere tutte le peculiarità del nostro territorio, sogno che anche questo sia riconosciuto come professione, come lavoro da retribuire. Sogno di non sentirmi più dire che non sia possibile aprire, all'interno di un ciclo di lezioni, una finestra sull'economia della Cultura. Sogno di non essere chiamata illusa, ma combattente, perché continuare a credere in ciò che faccio e impiegarci tante energie, costa sacrifici e delusioni.
Tuffo nel passato e torno nel presente, consapevole della strada percorsa, delle competenze acquisite, delle battaglie vinte e di quelle perse. Negli ultimi giorni, più volte mi sono trovata a dire che "nel bene o nel male, purtroppo in tutto questo ci credo ancora". Giustiziera di cause nobili e bistrattate, sono ancora qui, in Italia, a lottare.

Col mio viaggio continua anche quello dell'iter legislativo del Ddl n. 362, che porterà delle modifiche al Codice dei Beni Culturali in materia di professioni culturali. Il disegno di legge riconoscerà (pare) come professionisti dei beni culturali: archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi, esperti di diagnostica e di scienze e di tecnologia applicate ai beni culturale, storici dell'arte.
Gli smottamenti in questo settore stupiscono e si vestono di sospetto: troppi movimenti per un settore che non è ritenuto portante nell'economia di questo strano paese? Si tratta dello zuccherino a chi da anni lotta per il riconoscimento della propria competenza al pari di coloro che hanno un proprio albo?
Quel che è certo è che finalmente la dignità di chi si è formato con anni di studio e ricerca verrà finalmente sancita. Il paese in cui chi studia il patrimonio non è riconosciuto come professionista, è un paese privo di capacità di visione strategica. Come valorizzare la propria nazione senza conoscerne le ricchezze e l'identità culturali?
Per concludere, riconoscimento o no, nel mio piccolo mondo continuo a percepire lotte e problemi di non-comunicazione tra i diversi settori del patrimonio. Stiamo costruendo un futuro per tutti, dove la competenza di ognuno sia sinergica al lavoro degli altri professionisti? Ora la nostra visione dovrebbe spostarsi su questo: come convivere e collaborare realmente per la costruzione di un percorso lavorativo insieme.



Alcuni link:

Luoghi smartiani: Le valli di Piero Della Francesca



La prima volta che ho visto un dipinto di Piero Della Francesca (1406/1416- 1492) avevo 18 anni.
Ero a Londra, alla National Gallery e, già innamorata della storia dell’arte, ero lì a vagare tra le opere degli italiani.
In fondo alla sala lo vidi… era così splendido! Ancora adesso se ci penso ho il magone allo stomaco. Quello che mi colpì fu la grazia che governa il dipinto e l’eleganza del s.Giovanni che compie il rito del battesimo. Non mancarono le lacrime che sgorgarono come un fiume in piena in una sorta di sindrome di Stendhal.



Sono passati dieci anni da quell’episodio e la mia passione per l’arte e per questo grande pittore si è alimentata giorno per giorno. L’ho studiato fino in fondo, cercando le radici di quei tratti e le ragioni di quei lineamenti. Il secondo incontro con la sua pittura è stato quello con “La Madonna del parto”, conservata a  Monterchi (AR). 


"Madonna del Parto", Monterchi (AR)

La osservavo curiosa dai manuali immaginando la sensazione che mi avrebbe suscitato dal vivo. Da quel volto e quella popolarità ne è nato il mio progetto di dottorato purtroppo non portato a compimento.
Quest’anno ho finalmente realizzato il mio piccolo sogno, ricevendo in regalo due giorni nella provincia di Arezzo, scorazzando nella Valtiberina (per info) che Piero amò per tutta la sua vita.
Fu un pittore straordinario e un matematico eccellente; con lui la pittura divenne geometria, ricerca prospettica e i volti così profondamente umani diedero la spinta a quell’Umanesimo fiorente che si espanse poi a livello nazionale.
Fu maestro del grande Perugino e venne chiamato in diverse corti italiane a prestare la sua opera. Lavorò anche a Roma, alle Stanze Vaticane, ma i suoi affreschi furono barbaramente eliminati per far spazio al giovane Raffaello Sanzio.
La fama che lo caratterizza, però, è concentrata in questo fazzoletto di terra toscana, tra l’Emilia Romagna, le Marche e l’Umbria che raccoglie storie di confine e apre le porte a paesaggi mozzafiato.
Queste terre sono dei dipinti a cielo aperto, ricche di storia, tradizioni e cultura e osservare i dipinti di Piero nel suo contesto accentua il rapporto tra l’arte e il territorio, dimostrando ancora una volta la fortuna e la ricchezza che la nostra nazione ha rispetto all’asetticità di un museo che, per quanto importante e rinomato, mai potrà restituire l’humus d’origine della produzione artistica.
Piero è nei paesaggi che si scorgono dall'Eremo di Montecasale e dal bellissimo borgo di Anghiari, è nelle vallate che si osservano dalle finestre del Museo della "Madonna del Parto", è nell'odore dei pini, negli sguardi dei leprotti che ti attraversano la strada, è nella luce che illumina la torre di SanSepolcro. 
La "Leggenda della Vera Croce" da lui dipinta nella chiesa di s.Francesco ad Arezzo ha reso il borgo di s. Sepolcro la nuova Gerusalemme grazie a quei paesaggi. E puoi trovarli, li riconosci e ne comprendi la profondità. Non dimentichiamo che in queste zone nacque un altro grande dell'arte internazionale: Michelangelo Buonarroti che nacque a Caprese Michelangelo.


Arezzo

Anghiari (AR)

Riflettiamo profondamente su questi aspetti perché sono peculiari nella costruzione di una consapevolezza storica e sociale che stiamo perdendo. Dare valore a ciò che ci circonda è il segreto per non soccombere. Osservare quelle movenze e quei volti lì dove sono stati concepiti è un valore aggiunto che non tutti possono permettersi.
E di nuovo torna, con una forza rinnovata, quel magone che sentii dieci anni or sono. Emozioni che non si possono descrivere, un amore che non ha bisogno di parole per esprimersi ma che si condensa in uno sguardo in cui gli occhi non possono che luccicare di gioia.
Essere lì per me è stata una vittoria indescrivibile e ha rafforzato la convinzione che vivere di cultura è possibile ed io sono nata per questo. Ogni territorio, ogni singola opera e ogni struttura adibita alla conservazione e alla tutela del nostro patrimonio chiede a gran voce attenzione.
Dalle collezioni allestite in modo scialbo alle informazioni poco chiare, tutto denuncia una carenza strutturale sorprendente. Abbiamo bisogno di nuove forze per tirare su un sistema che, nonostante queste mancanze, ha un richiamo inimmaginabile. Mi sono sorpresa nel constatare che nelle zone visitate la presenza degli stranieri era preponderante. Perché gli stranieri vanno alla ricerca di Piero Della Francesca e gli italiani quasi ne ignorano la grandezza?

Bisogna partire da questo, riflettere sulle necessità e le opportunità di questo paese allo sbaraglio. E’ arrivato il momento di mettersi in gioco e di farlo con le proprie possibilità senza aspettare che arrivi il miracolo dal cielo.
Io sono tornata arricchita da questa esperienza e spronata a fare di più, a dare di più affinché i sogni di quella ragazzina che ero a 18 anni possano davvero concretizzarsi in una realtà che renda la mia vita e quella degli altri piena di valori nuovi di cui riempirsi.


Ultima riflessione: 10 anni fa davanti a quel dipinto ero sola e mi sentivo sola. Stavolta avevo il giusto compagno di viaggio e credo che questo sia un aspetto fondamentale per la vita di tutti.
Avere accanto chi perfettamente comprende cosa fai e perché lo fai è il primo grande passo per essere sm-Art people.
Io sono fortunata, non smettete mai di cercare il vostro compagno di viaggio.

Al prossimo luogo.

Riflessioni smartiane: "Eppur si muove"? O ci ubriachiamo di illusioni?



Da diversi giorni rimbalza online la notizia del Decreto Cultura promosso dal ministro Franceschini (rif. http://www.tafter.it/wp-content/uploads/2014/05/Decreto_Turismo_Cultura_DL_MIBACT-15-maggio-2014.pdf). 
Per due notti ho perso il sonno e la vista a leggere gli articoli del provvedimento cercando qui e là con il mio immancabile spirito sognatore le parole sperate.
Interessanti le proposte: possibilità di poter finalmente scattare foto nei musei e condividerle (senza scopo di lucro), finanziamento per la musica lirica, rinnovamento della tax credit per la musica.
Su tutti, l'articolo che ha fatto più notizia è quello legato al mecenatismo: chi investe in cultura ha agevolazioni fiscali fino al 65% ammortizzabili in tre anni. 
I musei e le istituzioni, previa giustificazione delle spese e obbligo di pubblicazione dei finanziamenti ricevuti, possono accogliere investimenti da privati per favorire il recupero, la tutela e la valorizzazione dei beni in loro gestione.
Che bello, si direbbe! Ma il personale attualmente assunto è in grado di fare questo tipo di programmazione? Sa gestire i progetti e valutare con metodi scientifici e competenze tecniche il da farsi?
Scrutando per bene ogni singolo emendamento, correzione e/o proposta, noto qui e là provvedimenti un po’ ambigui: dalla gestione del “Progetto Pompei” che prevederà norme più semplici per velocizzare gli interventi alla proposta di gestione per gli spazi della Reggia di Caserta fino all’introduzione di una Tourist Card che dovrebbe agevolare negli acquisti, nelle prenotazioni e negli spostamenti i turisti che vengono in Italia.
Riflessioni: semplificare la procedura per l'accesso ai finanziamenti è davvero la strada più efficace?
Affidare a manager (esperti di cosa?!) la gestione di patrimoni così compositi e vasti come la Reggia di Caserta è davvero quello di cui si ha bisogno? Proporre l'ennesima card come se fossimo alla COOP è davvero un servizio ai turisti?

Ho provato ad esultare di fronte a queste novità, a trovare il valore di simili scelte eppure manca qualcosa. Sembra tutto girare intorno ad una corsa a tamponare i buchi, a mettere le pezze su un sistema che, ahimè, va riformato dalla radice.
“Cosa servirebbe?” è la domanda ricorrente per me. La risposta è quella che inseguo da anni, quella che ho ascoltato iscrivendomi alla facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. Ci vuole competenza. Per salvare un Ministero allo sbaraglio non bastano due norme e qualche incontro formale, vedi ad esempio la riunione del 30 maggio per discutere di “Comunicazione sul Web”. L’intero sistema va rivisto dalle fondamenta; non sono i selfie e qualche scatto intelligente a dare linfa vitale ad un settore allo sbando.
C’è bisogno di forze nuove; c’è bisogno di un rinnovato interesse che parta dal sociale e che si riconosca in nuove figure professionali formate su altre esperienze, come quella sul Web.
La comunicazione e la divulgazione delle immagini devono essere libere dalle costrizioni burocratiche ed essere affidate a persone che vogliono fare della cultura il proprio mestiere e non l’”hobby” delle ore notturne (come me in questo caso che scrivo alle 00.30 dal mio letto).
In rete ci sono numerosi progetti in questo senso: si sta capendo che la rete, la condivisione e lo sviluppo di piani di comunicazione integrati sono la giusta risposta. O rappresentano comunque un inizio di un movimento.
Vogliamo davvero puntare sulla cultura per ragioni sociali ed economiche o ci piace ormai riempirci la bocca della parola cultura per pura retorica?
Generare valore dalla cultura si può, ma il valore parte dalle persone, da chi ama questo settore e ne vuole sposare la causa dandogli nuove opportunità. 
Mi stupisce che si pensi ai manager per risolvere i problemi della cultura. Se i manager non sono riusciti a risolvere il problema della crisi economica mondiale, come possono aiutare la cultura? E con quali competenze?
La cultura non ha numeri quantificabili, non ha ricadute misurabili e non ha proiezioni prevedibili.
La cultura vive di conoscenza. La cultura necessità di diffusione e partecipazione.


Online siamo in tanti a credere che lavorare in cultura si può, ma abbiamo bisogno di un'occasione concreta, non di uno spazio in rete vincolato a dei contenuti che in un certo senso "ci cantiamo e ci suoniamo da soli".



Che dire, noi ci siamo. Ma il governo c'è?

"Eppur si muove" diceva qualcuno... ma ho l'impressione che in questo caso ci stiano ubriacando di parole.


Riflettiamo. Insieme.

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