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Archive for giugno 2015

Letture smartiane: "Le tecniche artistiche" di Giorgio Vasari

"La scultura è un'arte che, levando il superfluo dalla materia suggetta, la riduce a quella forma di corpo che nella idea dell'artefice è disegnata"
Così scriveva Giorgio Vasari nell'introduzione alle Vite degli artisti. Egli infatti premise all'opera una introduzione, una vera e propria trattazione chiamata Teoriche, divisa in tre capitoli dedicati alle tre arti maggiori: 
Architettura
Scultura
Pittura

Fidia o la scultura, Andrea Pisano, 1334-1336
Giorgio Vasari, architetto e pittore in  prima persona, scrive delle tecniche, dei materiali, dei procedimenti artistici, sia per informare il lettore disinformato che per assistere gli artisti coinvolti in questi procedimenti. E' lo stesso Vasari, a conclusione delle Vite, a sottolineare il desiderio di essere compreso anche da chi non ha una formazione letteraria, sottolineando lo sforzo durato anni, di raccogliere informazioni da molte fonti, scritte e di tradizione orale, dalla frequentazione di artisti e artigiani nelle botteghe e nei cantieri, per giungere al suo testo, ricco di termini tecnici, eppure allo stesso tempo, di facile lettura. 


"mi sono ingegnato per questo effetto, con ogni diligenzia possibile, verificare le cose dubbiose con più riscontri"

L'introduzione alle Vite, spesso trascurata, è stata commentata da Gerard Baldwin Brown all'inizio del Novecento  in un testo piacevolmente scorrevole, che lascia spazio sia alla parte tecnica che a quella divulgativa.

Mi imbatto nella frase che ho riportato in apertura mentre sfoglio tutto il volume. Il mio focus è la pittura, ma quelle pagine scritte sulle tecniche artigiane passate mi affascinano: cerco di carpirne i segreti, di capire su quali particolari l'occhio dell'architetto e pittore Giorgio si soffermava. 

Appare evidente il carattere divulgativo dell'opera e come Vasari lasci da parte tutto ciò che riguarda le ricette e i segreti di bottega. Forse Vasari riteneva superflue queste informazioni? O forse, semplicemente, il segreto di bottega legava le sue mani. D'altronde, gli artisti dovevano passare una fase di apprendistato in cui acquisivano le conoscenze più pratiche sperimentando direttamente il lavoro in bottega, per quanto non fosse condizione sufficiente perché un maestro consegnasse a un apprendista i suoi segreti: era necessario essere un apprendista eccelso. Anche Giorgio Vasari non poteva evidentemente permettere che i segreti fossero diffusi e stampati su carta scritta. 
E' forse per questo che Giorgio Vasari decise di anteporre alle vite degli illustri artisti questi brevi capitoli introduttivi, che non possono sostituirsi all'apprendistato in bottega, ma che introducono il lettore nel mondo delle tre arti attraverso un viaggio materico e tecnico. Il testo poteva forse offrire spunti di riflessione agli addetti ai lavori, ed allo stesso tempo suscitare la curiosità del lettore estraneo alla pratica dell'architettura, della scultura e della pittura.

Materiali, modalità d'impiego, insegnamenti e professionalità si aggirano in questi capitoli come spettri di un mondo in fermento, prima di giungere ai racconti, alla memoria, degli illustri personaggi che han fatto le arti al tempo del Vasari.



Testo: Vasari, Giorgio, Le tecniche artistiche, introduzione e commento di G. Baldwin Brown, Neri Pozza editore, Vicenza, 1996

ANISA: il video in difesa della storia dell'arte














Poco più di un mese fa smartiani e amanti della storia dell'arte sono stati chiamati alle armi digitali perché inviassero un video in difesa dell'insegnamento della storia dell'arte nelle scuole.


Cos'era successo?
La storia dell'arte subisce tagli nelle ore di insegnamento in diversi istituti, oltre il taglio qualche anno fa.  
Il DDL Buona Scuola votato alla Camera il 20 maggio 2015 non reintegra le ore di storia dell'arte nella scuola italiana. 
Il Ministro Franceschini diffonde un comunicato MiBACT che ha l'aria di essere positivo.
“Con  il decreto Buona Scuola – dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini - ritorna l’insegnamento della storia dell’arte, si introduce la didattica nei musei e vengono riconosciuti i titoli di studio rilasciati dagli istituti che operano nei settori dei beni e delle attività culturali. Più spazio inoltre alla musica, allo spettacolo e al cinema nei programmi scolastici. Un passo deciso verso la piena integrazione fra scuola e cultura per rendere i nostri giovani dei cittadini pienamente consapevoli del proprio patrimonio artistico. Sono certo – conclude Franceschini - che il Senato confermerà queste norme che finalmente riconoscono la centralità del nostro patrimonio materiale e immateriale, storico e artistico, nei percorsi formativi"
L'ANISA denuncia il mancato potenziamento dell'insegnamento. Personalmente mi pare scorretto annunciare il ritorno dell'insegnamento della storia dell'arte come una conquista se questa non è avvenuta: la storia dell'arte non è ancora mai stata interamente tagliata dalla scuola (e meno male!).
Siamo un Paese dal patrimonio culturale diffuso, talmente diffuso, da perderne di vista l'importanza. In una intervista Gombrich diceva che i guardiani dell'eredità culturale devono essere i cittadini. 
Cittadini italiani, quanti di voi credono davvero che possiamo vivere di Cultura?
Io credo il punto sia questo: non sono abbastanza gli italiani a credere fermamente in questo possibilità.

ANISA difende la formazione dei nostri futuri guardiani del patrimonio culturale e invia una lettera a Mattarella, Presidente della Repubblica.

Come chiaramente esplicita l’art. 9 della nostra Carta Costituzionale, il patrimonio artistico è un bene che la Nazione si impegna a tutelare e a trasmettere alle future generazioni. Vorremmo sottolineare che non vi è tutela possibile, non vi è valorizzazione consapevole e sostenibile, laddove non sussistano le condizioni di sufficiente comprensione e conoscenza della storia e della cultura di una Nazione.
Ed è la Scuola, Signor Presidente, che deve assumere con forza il compito di costruire tale comprensione e tale conoscenza, facendo sì che esse diventino bagaglio della coscienza di ciascun cittadino.
I lettori del Corriere della Sera dichiarano di essere d'accordo con la Presidente dell'ANISA, la professoressa Baldriga: l'Italia è talmente ricca di monumenti che tutti dovremmo essere più "istruiti" in materia di storia dell'arte. Diventa impensabile non educare le nuove generazioni alla nostra storia, alla nostra cultura.

Pensate se tra qualche anno, mentre passeggiate per le vie di Roma, vedeste passare dei ragazzetti che fan supposizioni su chi sia quel cavaliere a cavallo in piazza del Campidoglio, o se non fossero in grado di riconoscere un'opera di Botticelli da una del Caravaggio: la storia dell'arte deve forse rientrare in una sfera elitaria?

La storia dell'arte insegnata a scuola, a tutti, col suo valore anche civile e sociale, non potrebbe forse aiutarci a ricostruire i valori di cittadinanza che sempre più spesso si ritiene perduta?

Che faremo in difesa della nostra identità culturale?

Senza di essa, ciò che io studio come conservation scientist non perde forse il suo senso?

Come finirà questa battaglia?
Vi terremo informati!



(foto: da iniziativa ANISA su Facebook e sul sito)


Europa Nostra Award 2015: "and the winner is..."

Qualche tempo fa le sm-Art People vi hanno invitato a votare sul sito Web di Europa Nostra tre progetti di valorizzazione culturale a cui destinare dei finanziamenti europei.

Europa Nostra è la federazione pan-europea per il Patrimonio Culturale che anche quest'anno ha bandito un premio per iniziative per la conservazione del patrimonio culturale sul territorio europeo finanziato dal Sottoprogramma Cultura di Europa Creativa.

In una prima fase di selezione sono rientrati 30 progetti e iniziative suddivisi in 4 categorie (conservazione, ricerca e digitalizzazione, contributi di singoli o organizzazioni, istruzione, formazione e sensibilizzazione) che hanno portato alla premiazione di 7 progetti con un Gran Premio di 10.000 euro per ognuno.

L'11 giugno, a Oslo, si è svolta la cerimonia di premiazione del concorso. 
Chi ha vinto?

Qui sotto trovate il video dell'intera cerimonia (e il link in cui si descrivono tutti i vincitori).
Dopo un'ora e 53 minuti si annuncia "the winner" del Public Choice Award 2015: ve lo svelo!




La votazione pubblica online ha premiato il progetto di valorizzazione e conservazione dei giganti di Mont'e Prama, dalla Sardegna, un progetto italiano che prevede una complessa fase di restauro e conservazione, una fase di studio e ricerche che aiutino ad ampliare le conoscenze sulla civiltà nuragica.




Ecco le parole di Roberto Nardi, direttore del Centro per la Conservazione archeologica di Roma.
"Sono così sorpreso che è difficile per me parlarvi. Devo ammettere che si tratta di una grande emozione e sono totalmente impreparato. Spero che questo riconoscimento non sia dato a me, non alla Sardegna, non solo ai Giganti di Mont'e Prama, ma all'archeologia ed alla conservazione, per tutti quelli tra noi che credono fortemente che archeologia e conservazione sono forti mezzi per il progresso della ricerca nel settore Cultura per aiutare le comunità dal punto di vista sociale ed economico. Ricordo quando, qualche tempo fa, in un momento triste, qualcuno disse che la Cultura non produce Economia. Penso che fosse il più grande errore che abbia mai sentito nella mia professione. La conservazione aiuta non solo i conservatori.
Devo confessare di essere ancora contento, ogni mattina, quando mi sveglio e so di dover andare a lavoro. E sono ancora sorpreso quando mi pagano per fare questo lavoro (risate in sala). Ma so anche quanto sia difficile implementare questo tipo di carriera, combattere ogni giorno con problemi semplici e di base. Penso che risultati come questo che abbiamo ottenuto da una votazione pubblica, siano molto incoraggianti per noi, per il futuro, e per la Cultura della nostra Europa."
Da buona smartiana non posso che gioire di questo risultato: mi sento parte della schiera di cittadini italiani che si interessano del proprio passato e della propria identità, della sua salvaguardia e della sua trasmissione al futuro. Perché noi veniamo dal nostro passato. 
La civiltà nuragica ha poi un posto ancora più speciale nella mia identità sarda.


La statua del pugilatore Fastigiadu dopo l'intervento di restauro. (Foto: Araldo De Luca)

Ci sono dei giorni in cui la realtà culturale che mi circonda ferisce con i suoi "No", le porte chiuse, la mancanza di visione strategica, la lentezza al cambiamento e i giovani che vanno altrove a spendere le proprie competenze, perché qui ci sentiamo "formati e abbandonati" al punto che a volte ci si chiede perché il nostro Ministero dell'Istruzione mantiene aperte dei corsi di eccellenza universitari per poi non darci il nostro posto nella sua macchina di tutela del patrimonio.
Eppure inn giorni come questo si gioisce dei risultati, si spera che questo porti quel valore economico e sociale invocato, perché gli smartiani credono nella Cultura, nelle competenze, nel lavoro culturale.


Buon lavoro allora al team che si occuperà di questo progetto, e arrivederci in altre belle occasioni!



Quando si può parlare di Museo Digitale?



Stamattina ho attivato la modalità Social Addicted. 
Sveglia alle 08, colazione abbondante, pc e collegamento streaming. 
Motivo? Assistere all'incontro svoltosi a Roma durante la "Social Media Week" dal titolo evocativo "Museo Digitale". 


La curiosità era tanta e il desiderio di sentirsi parte (almeno virtualmente) di un gruppo che lavora al digitale ancora di più. 
Si comincia col solito quarto d'ora di ritardo.
La partenza è inquietante: parte il video per niente accattivante dedicato alla valorizzazione dei musei, promosso dal ministro Dario Franceschini qualche mese fa. 
Ho quasi paura di ciò che mi aspetta!

Dopo questo esordio non proprio esaltante, però, devo ammettere che la discussione è andata avanti con brevi interventi, ben strutturati e principalmente informativi che mi hanno stimolata.
Con la mia inguaribile fiducia nel mondo e nelle persone, nonostante la mia apparenza brontolona, ho deciso allora di raccogliere info ed invitarvi alla partecipazione! 

Mi soffermerò, infatti, su due interventi nello specifico (qui il programma completo e gli speaker). 

Il primo è della dott.ssa Maria Teresa Natale, coordinatrice dell'Otebac (Osservatorio Tecnologico per i Beni e le Attività Culturali) che parla di dieci anni di lavoro (?) da parte del Ministero per creare strumenti a disposizione dei musei e delle strutture culturali.
Si sofferma, in paticolare, su MOVIO, un software open source per realizzare mostre virtuali, il cui codice sorgente è richiedibile dalle istituzioni culturali attraverso un modulo disponibile online e le informazioni per l'utilizzo sono scaricabili direttamente dal sito. 
Non mi esprimo sulle funzionalità perché non posso accedervi, ma chiedo a chi eventualmente ha avuto accesso di poter effettuare un feedback. 



Il secondo progetto, invece, è quello che da il titolo all'intervento e che, appunto, è il cuore dell'evento. 
Si tratta di MuD (Museo Digitale), progetto (cosa vorrà mai dire questa parola!) promosso dal Mibact in collaborazione con Ales SPA, azienda in home del Ministero. A presentarlo la dott.ssa Simona Cardinali, responsabile comunicazione in Ales SPA e il cosiddetto Gruppo MuD, del quale interviene Serena Cinquegrana. 
Sembra un prodotto rivoluzionario che mira a coinvolgere gli attori della filiera culturale sia nel processo creativo sia nella formulazione di progetti condivisi e partecipati, ovviamente con una parte fortemente #social e #digitale. 

Dalla copertina della pagina Facebook di Ales SPA, che conta ben 243 fans (strategie digitali che funzionano), si legge il motto del progetto: 

"Idee a confronto per l'innovazione del Web Culturale"
Esaltata dallo stesso, vado sul sito, visto che sui social (twitter e facebook) non ho trovato nulla nonostante gli inviti a twittare e condividere idee e proposte per il Museo Digitale. 
E lì l'esaltazione si è trasformata nell'ennesima delusione. 
Il sito, per niente accattivante e innovativo dal punto di vista della grafica e del template, è ricco di "Lorem Ipsum Dolor". 
Per chi di voi non ha mai realizzato un sito o semplicemente non lo sa, il "Lorem Ipsum", come ci dice Wikipedia è:
"un testo segnaposto utilizzato da graficidesignerprogrammatori e tipografi a modo riempitivo per bozzetti e prove grafiche[1]. È un testo privo di senso, composto da parole in lingua latina, riprese pseudocasualmente da uno scritto di Cicerone del 45 a.C. [..] In informatica è usato molto frequentemente come testo riempitivo nelle prove grafiche di pagine web e come dati fittizi nella prova di funzionamento dei database
Che dire? A voi l'ardua sentenza.
Presentare un progetto all'interno della Social Media Week con esaltazione e contentezza e poi avere visibili sul web solo delle bozze, che senso ha?



Dove sta la strategia comunicativa? Dove sta la progettazione di cui tanto vi vantate?

La comunità di lavoratori del settore, degli appassionati, dei fruitori dovrebbe aiutarvi a rispondere alla domanda "Quando si può parlare di Museo Digitale?", come avete più volte sottolineato.
Come, però, posso essere spinto a tale partecipazione, di fronte ad un risultato del genere?

Parte allora la mia controproposta.
Io vi chiedo: quando si può parlare di un Ministero che lavora davvero per il proprio patrimonio e non con del fumo negli occhi?
Chiedete competenze assurde nei vostri pochissimi bandi (sottopagati quando siamo fortunati!) e poi i vostri collaboratori non hanno neanche la decenza di scrivere i testi per il sito; ma hanno la presunzione di presentarlo in un contesto social e digitale molto avanzato.

Come si può credere nella cultura di fronte a simili scivoloni? Queste sono le basi della comunicazione. Ponetevi le domande giuste e, soprattutto, ascoltate le risposte.

Lavoro nel web marketing ormai da diversi anni e intorno a me vedo tantissime persone competenti che dal basso e con le proprie energie riescono a mostrare il giusto volto della cultura.
I ragazzi di "Invasioni Digitali" sono venuti con dei fatti, non con delle parole; hanno parlato di persone coinvolte, di luoghi invasi e partecipati da chi nel museo vuole lasciare qualcosa.

Cosa fare #smartiani? Come reagire a tutto questo?

Io, ormai, ho davvero poche speranze, se non quelle della testa bassa e lavorare.
E poi internet, la possibilità di poter scrivere e dire cosa c'è che non va. Come in questo post. Che si, si perderà nel mare magnum di internet, ma che se anche avrà raggiunto e coinvolto una sola persona sarà un piccolo passo.


PS: Alle ore 16:00 il sito risulta "not found"!!!
Dopo le mie segnalazioni (ed immagino di altri che hanno seguito l'evento) sui social, MIRACOLOSAMENTE online non risulta più nulla di quella bozza di sito e mi viene detto su Facebook che si tratta di un progetto  e che non ha ancora link diretti.

Ripeto: di cosa stiamo parlando, allora, di aria fritta?
Mi hanno invitata ad eventi futuri nei quali poter contribuire alla realizzazione del progetto ed avere maggiori informazioni.

Vi terrò aggiornati!





Atti vandalici: storie di straordinario ricordo

Firenze. La mano del Ratto di Polissena gira il Web a denuncia di un nuovo atto vandalico.
"Mozzato il dito [...]" tuonano i giornali. Il dito mozzato. Il dito già mozzato. 
Ecco la mano incriminata.

Mano del Ratto di Polissena, Loggia dei Lanzi, Firenze

Quello che i più non sanno è probabilmente che nessuna di quelle dita è originale: sì, sono tutte frutto di opere di reintegrazione dovute a ripetuti atti vandalici.
Passeggiando per le vie delle nostre piazze, non viene forse a tutti il desiderio sfrenato di portarsene a casa un pezzo, anche a costo di sfregiare la piazza, l'espressione stessa di quella città e della comunità che l'ha prodotta? Non ci basta un bel selfie o non ci è mai bastato?
Ironia a parte, riflettendo sul quando gli atti di devastazione siano nati, non si può scampare dalla nascita dell'uomo: sono "vecchi" quanto l'uomo. Nell'antica Roma si scrivevano insulti e ingiurie sui muri esattamente come oggi: è forse cambiata la natura dell'uomo o siamo iperprotettivi verso l'eredità del passato?
Si potrebbero sollevare tantissime domande e forse poche risposte: si tratta di inciviltà, di non riconoscimento del valore culturale e storico delle nostre piazze? Si tratta di mancanza di sensibilità artistica e civile? Dobbiamo riconoscere questi atti come il passare del tempo e l'inarrestabile passaggio dell'uomo? Sono atti vandalici, di sfida, di noncuranza o di incomprensione culturale?
E cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo oltre a denunciare queste notizie e inveire contro i vandali? 
Dove si insegna il rispetto per l'arte e la cultura, per la città? C'è chi risponde a scuola, chi in famiglia, chi attraverso i progetti di cittadinanza.
Non siamo forse molto lontani da un'altra situazione denunciata poco tempo fa (link).



Bologna. Un gruppo di anarchici sfrattati dal Palazzo dell'Università, han reagito imbrattando Palazzo Hercolani. Davvero vogliamo insegnare alle generazioni future che basta sfregiare, rovinare, minacciare, per ottenere ciò che si vuole?
Questa è la legge del più forte, è la legge del mondo che nessuno potrà mai scardinare.
Ma nel nostro piccole porta forse grandi risultati? "Calpestare" un palazzo storico del Settecento non è come imbrattare la porta mia e del mio vicino?
Tra le espressioni più affascinanti di questo essere indecifrabile, misterioso e spesso oscuro che è l'uomo, vi è la capacità di esprimere pensieri e sentimenti in creazioni che solo a volte hanno il riconoscimento di arte, ma sono ad ogni modo frutto di una cultura e di una storia che son quelle da cui passiamo tutti i giorni: sono la nostra quotidianità, le nostre strade, i nostri paesaggi, le nostre piazze.
Se questo vogliamo che le persone intorno a noi e dopo di noi ricordino, ricordiamo e proteggiamo anche noi quel che ci è caro, come facciamo con gli oggetti più personali, non in "materia asportata", ma in souvenir fatti di storie e ricordi.

Tu. Se hai pensato di incidere un monumento e portartene a casa un pezzetto, ricorda che quel bene culturale è della comunità, è in condivisione col mondo, ma è anche tuo. Quella bellezza, quel lavoro che vuoi sfregiare, di cui essere orgoglioso, è anche tuo.
Quella statua con la quale ti puoi fotografare, che non puoi portare via, è anche tua.
Ha una storia, che è la tua.
A cui puoi aggiungere un pezzo personalissimo di racconto, che meno racconti, e più rimane solo tuo.

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