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Archive for gennaio 2013

Ritornare a teatro

Finalmente, dopo tanto tempo, andrò a teatro.
Ieri ne sono stata tentata, ma mi sono fatta sfuggire l'occasione.
Oggi, no. Ho il mio biglietto, e mi gusto l'arrivo al teatro.
Vorrei essere certa di vedere uno spettacolo che mi piacerà.
Vorrei sapere di uscire dal teatro soddisfatta di esserci andata.
Eppure non voglio sapere più del titolo di ciò che andrò a vedere.
Non voglio leggere la presentazione dello spettacolo se non quando arriverò in sala, al mio posto.
Non voglio farmi illusioni coi testi che ci propinano prima dello spettacolo.
Arriverò al teatro, sentirò il chiacchiericcio delle persone, consegnerò il mio biglietto alla maschera di sala, entrerò nella polverosa e pastellata platea, mi siederò al mio posto, imprecherò per il dovermi contorcere per vedere per bene il palco e troverò sistemazione.
Spererò di distrarmi da tutto ciò che è la mia vita quotidiana, di tuffarmi in un mondo che solo per qualche ora sarà vivo anche per me sul palco.

Alla fine, probabilmente insoddisfatta dello spettacolo, rientrerò nella fredde strade della città, guarderò il cielo, mi chiederò dove sono finite le stelle... e mi farò travolgere dal proseguimento della serata.

Denuncia al volontariato culturale


La Cultura è di tutti.

Il patrimonio culturale e paesaggistico è di tutti.
Ma chi deve prendersene cura?


In questo momento di crisi l’unico settore che sembra mantenersi in attivo è quello culturale, e il nostro patrimonio così ricco, diffuso e palpabile sta prendendo un posto in primo piano nelle tavole rotonde in cui si dibatte sul futuro e le sue prospettive economiche: tutti parlano di Cultura e valorizzazione, ma c’è un “ma”.

Il “ma” sono chiacchiere: non abbiamo una pianificazione per lo sviluppo, ma tante parole che si ripetono da decenni.

Il patrimonio culturale è un settore strategico di importanza crescente in Europa, un settore trainante la cui conservazione e valorizzazione richiedono notevoli risorse economiche e umane: sono oltre 5 milioni i volontari delle associazioni culturali che spesso si sostituiscono alle istituzioni pubbliche per sopperirne alle mancanze e ai tagli dei fondi. Questi animi dediti al servizio e amanti della Cultura, della nostra storia, delle nostre tradizioni, spesso fanno in modo che luoghi dimenticati da tutti rimangano aperti e visitabili al pubblico. E gli amanti di una gita fuori porta e del patrimonio ringraziano lieti...

ma io li voglio denunciare.

Voglio denunciare il volontariato nel settore culturale.

Non voglio sminuire il lavoro dei volontari, ma vorrei che queste risorse non si sostituissero alle figure specifiche che l’Italia vanta di formare nelle proprie università per privarle poi della loro professionalità e di un lavoro.

Voglio denunciare il volontariato come strumento di svalutazione professionale, un’arma a doppio taglio verso un settore-risorsa bistrattato.

“In una economia occidentale sempre più immateriale la cultura è il vero motore per produrre nuovo pensiero, nuove idee. La cultura, di conseguenza, verrà a configurarsi come essenziale assetto d’impresa in uno scenario economico dove a vincere saranno le idee e non la materia, e diverrà il tessuto connettivo che metterà in relazione i protagonisti che agiscono sul territorio siano essi istituzionali che imprenditoriali, culturali e turistici. Un distretto economico evoluto può rendere il territorio culturalmente attrattivo attraverso una attenta valorizzazione, anche in chiave turistica, del patrimonio in riferimento a una di domanda di qualità e a ridotto impatto ambientale.”

Così scriveva Franco Gravina, presidente Associazione Pratese Amici dei Musei e dei Beni Ambientali nel 2009, in Volontariato e cultura come sviluppo locale.

Pier Luigi Sacco, docente di Economia della Cultura allo Iulm, al Convegno "Stati Generali del Volontariato Culturale" parla di «volontariato culturale come fonte di innovazione».

Non dobbiamo pensare che i volontari debbano fare ciò in cui mancano stato e mercato:

«Il volontariato deve diventare la nuova frontiera del benessere sociale» ha detto, spiegando come nella società digitale i volontari possono produrre loro stessi contenuti, essere coinvolti, partecipare. Ma analizziamo la situazione attuale: questo è vero nel momento in cui in un settore si investe, le professioni vengono riconosciute, quando in un percorso di crescita si crede fortemente e alla base dello sviluppo vi è un team qualificato nel settore preposto alla programmazione.

Alle porte del 2013 siamo ancora qui, giovani laureati in ambito culturale, a chiedere la possibilità di portare a tutti la Cultura.

Ritratto di città


7 del mattino. Mi ritrovo, mio malgrado, con un passo più stentato, a percorrere lentamente le strade della città. Ancora è buio, sulle case sembrano aleggiare sonno e caffè. Le strade sono umide. Nonostante le diverse percezioni dell’illuminazione alla sera e durante la notte, ora che sta per essere sconfitta dall’arrivo del giorno, ho la sensazione di avanzare in una luce decisamente fioca. Muovo qualche passo, arriva una macchina: ecco il rumore della città.
“Ma com’era la città dei miei genitori, 30 anni fa, alle 7 del mattino?”
La immagino più o meno come la nostra, con più macchine rumorose nel piatto “negativo” e tante speranze per il futuro nel piatto “positivo”.
“E la città dei miei nonni bambini, com’era?”
Beh, quella città era ancora un paesotto, polveroso, senza asfalto, con rare macchine e i carri…
uno scorcio di città che raramente vediamo, quando la Cultura ci chiama alle manifestazioni degli antichi mestieri…
Per certo le città puzzano. Puzzano oggi e puzzavano in passato.
Tra le cose che ancora ci  accomunano c’è la puzza.
Sui miei passi, una macchina mi sfreccia accanto: odore di smog, puzza.
Mi avvicino al centro storico: qui l’odore dovrà pure cambiare.
Sento l’odore di frutta e verdura proveniente dal bancone esterno di un negoziante, e subito una macchina mi passa accanto portandosi via l’idea che la puzza cambi.
Il cambio di scenario mi distrae: le luci accese dei bar, la luce artificiale nel cabinotto dell’edicolante circondato da copertine patinate e inserti di plastica, il rumore di tacchi sui sanpietrini, le biciclette assonnate che si avviano verso la stazione, gli operatori per la pulizia della strada che osservano me, la mia camminata e le mie stampelle.
Ultimo bar. Nessuna macchina interrompe il mio inspirare odore di caffè e paste.
Una sigaretta lo fa.

Piccoli grandi centri storici

Siamo in Umbria, in un piccolo paesino in provincia di Perugia. Il nome è Rasiglia, balzato agli onori delle cronache per infauste notizie: il tragico terremoto del 1997 che colpì proprio questa zona ai confini tra Umbria e Marche. 

Durante le vacanze di Natale, ospite a casa di parenti, mi ritrovo in questi luoghi. Dai manifesti e dal passaparola, scopriamo che c'è un presepe vivente proprio in questo centro, organizzato dai cittadini che per l'occasione hanno tirato fuori antichi mestieri e abiti d'epoca. La tradizione del presepe, del resto, nasce in queste terre grazie alla famosa intuizione di San Francesco d'Assisi, appunto, che volle vedere con "gli occhi del corpo" l'incarnazione di Gesù e la mise in scena nel 1223.
Arrivati al borgo, quello che colpisce è la desolazione delle case ancora circondate da impalcature, la tristezza di spazi lasciati vuoti dai crolli e il silenzio che avvolge questi posti, come se ancora stessero aspettando un urlo dalla natura. Bastano due passi però ed ecco il miracolo che solo la cultura può fare: unire le genti in un incontro con il passato!Le persone si accalcano per osservare il falegname che lavora il legno, il pastore che accudisce le sue pecore, il tintore che colora le sue stoffe e l'arrotino che, immancabile, annuncia a gran voce il suo arrivo. Il tutto circondato da un paesaggio rimasto intatto, da un centro storico attraversato da un fiumiciattolo che sembra disegnato da un pittore impressionista e dalla bellezza di case coloniche in pietra ben conservate. Tutti si sentono coinvolti in questo gioco senza fine, tutti sono protagonisti di un evento che anima un intero paese.

 Assistere a queste manifestazioni mi porta, tuttavia, a riflettere su alcune questioni più generali: cos'è che spinge le persone a partecipare a simili manifestazioni? Non bisogna essere storici dell'arte, studiosi o professori per comprendere il potere della cultura. Perché non potenziare gli investimenti ai piccoli centri? Perché non agevolare chi si prende cura del proprio territorio e lo custodisce creando opportunità di sviluppo? Il nostro paese è colmo di realtà simili a queste. Perché non investirci? E, soprattutto, perché non dare un'occasione a chi vuole fare della cultura un punto centrale della propria economia? 
Avrei semplicemente dovuto godermi il presepe, lo so, ma in me è stato molto più forte l'impulso a riflettere in maniera più generale su quelli che sono i punti da cui ripartire per creare un nuovo modo di vedere le cose. 
Ad ogni modo, il 06 di gennaio lo spettacolo si ripete ed io non me lo perderei... che ne dite di fare un giro in Umbria? Senza ovviamente dimenticare di accompagnare la visita con cibi locali e vino autoctono!

Butterflies and Hurricanes


..ho sempre adorato questa canzone dei Muse. Ha qualcosa di ancestrale che mi colpisce dentro come una notizia inaspettata, come un sogno che si realizza, come una farfalla che si libera dal bozzolo e un uragano che travolge tutto. Nella mia testa, nei miei occhi, nello sguardo che si incrocia con la mia compagna d'avventura, nelle parole che si confondono nell'aria e nella penna (spesso la tastiera) che da vita alla nostra Idea, tutto questo ritorna e si ripete ad libitum come una forza che a stento riesci a dominare.Credo, quindi, che questa canzone, col suo ritmo forte, crescente e con il suo testo che sembra un urlo di battaglia colga in pieno quel che siamo e quel che vorremmo essere. 
Al centro di tutto la cultura, la passione per il bello, l'amore per quello che ci circonda, per la storia che ci ha partorito e per il futuro che vogliamo creare. Così nasce Tùke e poi EdEn: frutti di menti che hanno "qualcosa in testa" e che non possono fare a meno di parlarne, di scriverne, di immaginarne.
Questo è il nostro spazio, la nostra valvola di sfogo, un altro punto di partenza  per crescere ancora.
Riusciremo mai a librarci nell'aria come farfalle? Saremo in grado di cambiare le cose come forti uragani? 
Sembrano farneticazioni, ma noi vogliamo crederci perché il nostro scopo è quello di contribuire all'emancipazione della cultura affinchè possa essere conosciuta, vissuta e sperimentata.
Il pensiero sm-Art si fonda su questo. Il blog è un luogo dove incontrarsi e fare quattro chiacchiere, il punto esatto in cui lasciare una riflessione, un ricordo, sferrare un attacco. E credo in chi leggerà, in chi commenterà, in chi parteciperà al nostro mondo... prima o poi. 

    


                                                      And use this chance to be heard
Your time is now

Don’t let yourself down
Don’t let yourself go





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