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"Mi Riconosci?" presenta una proposta di legge contro il lavoro gratuito nei Beni Culturali


Il 10 Gennaio 2018 alle ore 17.30 presso l'Aula Magna Campus "L.Einaudi" di Torino, il gruppo di attivisti "Mi Riconosci" presenterà una proposta di legge che ha l'obiettivo di contrastare il lavoro volontario nei Beni Culturali al "grido" di La Cultura è Lavoro; Fagliela Pagare!




"Mi Riconosci?" nasce nel 2015 come gruppo attivo di professionisti dei beni culturali con l'obiettivo di portare ad un riconoscimento delle professioni culturali e di promuovere una valorizzazione e una riqualificazione dei titoli di studio collegati alla cultura. 

In questi due anni ha dato vita a diverse iniziative online e offline per alimentare queste mission e adesso arriva ad una concreta proposta di legge che mira alla regolamentazione del volontariato culturale al fine di fermare il lavoro gratuito, attualmente perpetrato da leggi dello stato italiano che non tengono conto dell'importanza delle professioni culturali e del loro ruolo all'interno di una strategia di crescita culturale. 

Noi di Sm-Art People abbiamo trattato l'argomento del volontariato culturale più volte sul nostro blog, denunciando questa situazione diventata insostenibile per chi desidera lavorare nella cultura. Per questo motivo il nostro sostegno a questa iniziativa è assoluto perché è coerente con la nostra filosofia e con le nostre ambizioni professionali, che fatichiamo a portare avanti in un settore che ci considera dei professionisti "accessori" che possono permettersi di lavorare gratis. Un atteggiamento simile porta a due conseguenze molto gravi: la svalutazione delle competenze delle professioni culturali ed una gestione approssimativa e senza strategia del nostro patrimonio.
Il volontariato, infatti, deve essere un'attività collegata ad un piano di promozione e di sviluppo culturale basato su progettazioni e lavoro competente. Solo in questo modo diventa utile e soprattutto fondamentale per la crescita economica del settore in tutti i suoi aspetti. 




A sostenere attivamente la campagna di "Mi Riconosci?" ci sono diverse realtà cittadine e nazionali, il prezioso contributo di Marta Fana, ricercatrice e autrice del libro "Non è lavoro, è sfruttamento" e il Gruppo Rete della Conoscenza.
Il programma della giornata, che si replicherà a Roma il 24 Gennaio con un secondo appuntamento, prevede oltre alla presenza degli attivisti del gruppo, la partecipazione di ospiti d'eccezione come la già citata Marta Fana, Christian Raimo, giornalista di Internazionale e dell'archeologa Ada Gabucci. 
Daniela Pietrangelo, educatrice museale attivista di "Mi Riconosci?" in merito alla proposta dichiara: 


La nostra proposta di legge non vuole eliminare il volontariato, ma il lavoro gratuito. Il volontariato sano va incentivato e apprezzato, ma come spiegheremo alla conferenza, alcune leggi promulgate dallo Stato Italiano nei decenni passati hanno creato una realtà del tutto illogica e pericolosa, in cui i volontari fanno concorrenza al ribasso su professionisti e lavoratori, e varie associazioni che operano nel settore culturale possono facilmente incamerare migliaia e migliaia di euro di profitti utilizzando il lavoro di volontari, come testimonia il caso recentemente emerso di Napoli Sotterranea”

Bisogna dunque agire presto per fermare questa situazione che davvero ci sta sfuggendo di mano e fare pressione sugli organi di governo affinché possano porre l'attenzione su una riqualificazione delle professioni culturali.
Le Sm-Art People si schierano in prima linea per mettere al centro la cultura e le persone che hanno studiato per tutelare e gestire il patrimonio culturale con competenza, attenzione e strategia. Vi terremo aggiornati sui vari passaggi e le evoluzioni del progetto, che potete seguire sulla pagina  Facebook "Mi Riconosci?Sono un professionista dei beni culturali" .
Potete inoltre condividere questo articolo e far sentire il vostro appoggio al gruppo organizzatore attraverso condivisioni, commenti ed attività sul web.



 “L’appuntamento è per tutta la cittadinanza, pensiamo che questa legge sia una legge di civiltà che nessuna forza politica può osteggiare: si tratta di proposte logiche e ovvie, a favore di una maggiore occupazione, di una maggiore qualità dei servizi di Musei, Biblioteche e Archivi, di cui beneficerebbe l’intera cittadinanza, e di una maggiore qualità del volontariato culturale, non più ridottO a tappabuchi ma a reale valore aggiunto per il Patrimonio Culturale italiano.”  Flavio Utzeri, attivista di Mi Riconosci?Sono un professionista dei beni culturali  
Save the date smartiani e ... #being #smartpeople, being #culture 

Donne potete votare, ma attenzione al rossetto!



L'1 febbraio del 1945 viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale l'estensione del voto alle donne. 
Il suffragio diventa universale, sebbene bisognerà attendere il 02 giugno del 1946, ossia il referendum che sancirà la Repubblica in Italia, per assistere alla prima votazione amministrativa. 


Il perché del titolo? 
Abbiamo parafrasato una frase del Corriere della Sera pubblicata durante la prima votazione a cui parteciparono le donne. Si tratta di una vera e propria indicazione. Siccome le schede dovevano essere incollate come un francobollo, col rossetto si sarebbe resa la scheda riconoscibile. Bisognava, pertanto, rimanere il più anonime possibile. 
L'articolo si chiudeva dicendo: 
"Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio."

Titoli dei Quotidiani
La battaglia per ottenere il voto fu lunga e ricca di colpi di scena. Elenchiamo le fasi salienti rimandando a studi più precisi. Il nostro intento è creare degli spunti per capire da dove nasce il dibattito e come e con chi si conclude.
Basti pensare che prima dell'Unità d'Italia del 1861 in alcune regioni italiane, come la Lombardia, il Veneto e la Toscana, il voto era già esteso alle donne a livello territoriale e, in alcune province, potevano anche essere elette. 


Con l'Unità d'Italia si vietò assolutamente il voto, anche perché l'opposizione della Chiesa era fermissima. Bisogna aspettare il 1903 per la fondazione di partiti e associazioni pro voto femminile. Furono tante le proposte di vari governi,ma non si riusciva a far breccia in uno stato profondamente maschilista. 
La figura centrale di fine Ottocento fu quella di Anna Maria Mozzoni che si battè con forza contro la discriminazione ponendosi in una posizione europeista che già combatteva per l'ottenimento del voto. 
Durante una conferenza a Bologna nel 1890 la Mozzoni dichiarò: 
"siamo rientrate in noi stesse, abbiamo esaminato i nostri pregi ed i nostri difetti e ci siamo permesse di esaminarvi anche voi, spogli del diritto divino, che è scaduto affatto nella nostra opinione ed abbiamo trovato che la nostra ragione procede al par della vostra con la forma sillogistica; che i problemi che travagliano la vostra coscienza, sono gli stessi che turbano la nostra; che la libertà che voi amate, l'amiamo anche noi; che i mezzi coi quali voi conquistaste la vostra, furono indicati dagli stessi principi che debbono rivendicare la nostra".
La citazione denuncia le intricate situazioni e i pregiudizi che si trovavano a sconfiggere le donne del Novecento. Di fronte a tante difficoltà, La Mozzoni però non si arrese e nel 1908 porta una petizione in Parlamento firmata anche da Maria Montessori. La donna acquisiva sempre maggiore consapevolezza, sebbene venisse osteggiata da più fronti.

Nel 1905 Pio X aveva dichiarato: 
“non elettrici, non deputatesse, perché è ancora troppa la confusione che fanno gli uomini in Parlamento. La donna non deve votare ma votarsi ad un'alta idealità di bene umano […]. Dio ci guardi dal femminismo politico.”
Con ciò ci rendiamo conto delle avversità anche politiche che avevano di fronte. La Chiesa era un punto di riferimento per tutti.
Si arriva così al periodo fascista dopo il dramma della Grande Guerra. Benito Mussolini inserisce il suffragio universale ma la gestione localistica delle leggi, varata dallo stesso governo, annulla di fatto questa possibilità. 
Fu una beffa terribile questa che però smosse gli animi. Ancora la guerra rallentò il riconoscimento, ma all'alba di una nuova epoca, con le anime scosse dal più grande genocidio della storia e l'allargamento degli orizzonti favorì nel 1945 l'inserimento della legge discussa in parlamento il 31 gennaio del 1945 e inserita in Gazzetta Ufficiale il giorno seguente. 



Il merito della legge va alla collaborazione tra due importanti personaggi della storia politica italiana: Alcide De Gasperi (Democrazia Cristiana) e Palmiro Togliatti (Partito Comunista) che in un comune testo, sotto il governo Bononi, portarono la legge all'attuazione. 

Da quella importante data sono passati 70 anni; a ripensarci non è così indietro nel tempo e il ruolo politico delle donne in Italia è ancora argomento che crea dibattiti, soprattutto a seguito di episodi discutibili sul valore effettivo che il loro ingresso ha avuto e ancora detiene. Cariche senza portafoglio, ruoli che rimangono marginali. La speranza resta nella presenza di laura Boldrini come presidente della Camera. 
Bisogna rendersi conto che il lavoro da fare è ancora tanto e, forse, bisognerebbe rendersi conto che entrare nelle istituzioni che di fatto sono operative potrebbe essere un punto di partenza. 
Eh si, di partenza...

Però possiamo tranquillamente andare con rossetto e aggiungiamo i tacchi alti per far sentire la nostra presenza. Anche questo è essere smartiani :)







Riflessioni smartiane: "Eppur si muove"? O ci ubriachiamo di illusioni?



Da diversi giorni rimbalza online la notizia del Decreto Cultura promosso dal ministro Franceschini (rif. http://www.tafter.it/wp-content/uploads/2014/05/Decreto_Turismo_Cultura_DL_MIBACT-15-maggio-2014.pdf). 
Per due notti ho perso il sonno e la vista a leggere gli articoli del provvedimento cercando qui e là con il mio immancabile spirito sognatore le parole sperate.
Interessanti le proposte: possibilità di poter finalmente scattare foto nei musei e condividerle (senza scopo di lucro), finanziamento per la musica lirica, rinnovamento della tax credit per la musica.
Su tutti, l'articolo che ha fatto più notizia è quello legato al mecenatismo: chi investe in cultura ha agevolazioni fiscali fino al 65% ammortizzabili in tre anni. 
I musei e le istituzioni, previa giustificazione delle spese e obbligo di pubblicazione dei finanziamenti ricevuti, possono accogliere investimenti da privati per favorire il recupero, la tutela e la valorizzazione dei beni in loro gestione.
Che bello, si direbbe! Ma il personale attualmente assunto è in grado di fare questo tipo di programmazione? Sa gestire i progetti e valutare con metodi scientifici e competenze tecniche il da farsi?
Scrutando per bene ogni singolo emendamento, correzione e/o proposta, noto qui e là provvedimenti un po’ ambigui: dalla gestione del “Progetto Pompei” che prevederà norme più semplici per velocizzare gli interventi alla proposta di gestione per gli spazi della Reggia di Caserta fino all’introduzione di una Tourist Card che dovrebbe agevolare negli acquisti, nelle prenotazioni e negli spostamenti i turisti che vengono in Italia.
Riflessioni: semplificare la procedura per l'accesso ai finanziamenti è davvero la strada più efficace?
Affidare a manager (esperti di cosa?!) la gestione di patrimoni così compositi e vasti come la Reggia di Caserta è davvero quello di cui si ha bisogno? Proporre l'ennesima card come se fossimo alla COOP è davvero un servizio ai turisti?

Ho provato ad esultare di fronte a queste novità, a trovare il valore di simili scelte eppure manca qualcosa. Sembra tutto girare intorno ad una corsa a tamponare i buchi, a mettere le pezze su un sistema che, ahimè, va riformato dalla radice.
“Cosa servirebbe?” è la domanda ricorrente per me. La risposta è quella che inseguo da anni, quella che ho ascoltato iscrivendomi alla facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. Ci vuole competenza. Per salvare un Ministero allo sbaraglio non bastano due norme e qualche incontro formale, vedi ad esempio la riunione del 30 maggio per discutere di “Comunicazione sul Web”. L’intero sistema va rivisto dalle fondamenta; non sono i selfie e qualche scatto intelligente a dare linfa vitale ad un settore allo sbando.
C’è bisogno di forze nuove; c’è bisogno di un rinnovato interesse che parta dal sociale e che si riconosca in nuove figure professionali formate su altre esperienze, come quella sul Web.
La comunicazione e la divulgazione delle immagini devono essere libere dalle costrizioni burocratiche ed essere affidate a persone che vogliono fare della cultura il proprio mestiere e non l’”hobby” delle ore notturne (come me in questo caso che scrivo alle 00.30 dal mio letto).
In rete ci sono numerosi progetti in questo senso: si sta capendo che la rete, la condivisione e lo sviluppo di piani di comunicazione integrati sono la giusta risposta. O rappresentano comunque un inizio di un movimento.
Vogliamo davvero puntare sulla cultura per ragioni sociali ed economiche o ci piace ormai riempirci la bocca della parola cultura per pura retorica?
Generare valore dalla cultura si può, ma il valore parte dalle persone, da chi ama questo settore e ne vuole sposare la causa dandogli nuove opportunità. 
Mi stupisce che si pensi ai manager per risolvere i problemi della cultura. Se i manager non sono riusciti a risolvere il problema della crisi economica mondiale, come possono aiutare la cultura? E con quali competenze?
La cultura non ha numeri quantificabili, non ha ricadute misurabili e non ha proiezioni prevedibili.
La cultura vive di conoscenza. La cultura necessità di diffusione e partecipazione.


Online siamo in tanti a credere che lavorare in cultura si può, ma abbiamo bisogno di un'occasione concreta, non di uno spazio in rete vincolato a dei contenuti che in un certo senso "ci cantiamo e ci suoniamo da soli".



Che dire, noi ci siamo. Ma il governo c'è?

"Eppur si muove" diceva qualcuno... ma ho l'impressione che in questo caso ci stiano ubriacando di parole.


Riflettiamo. Insieme.

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