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Un database diagnostico per la Pinacoteca di Siena: profezie smartiane

Pinacoteca di Siena da beniculturali.it


Corre in rete la notizia che sabato al Salone dell'Arte e del Restauro di Firenze verrà presentato dalla società Art-Test Firenze un database diagnostico.. da diagnosta mi si illuminano gli occhi, sorrido: "finalmente anche il mio mondo diventa accessibile!".

Cento opere della Pinacoteca di Siena accessibili sotto forma di immagini e relative analisi! 
Pensate alle possibilità di confronto e ricerca aperte a tutti, a come una di quelle cartelle diagnostiche potrebbe aprire spiragli di ricerca e conoscenza mentre uno smartiano curioso naviga sul database della Soprintendenza per i beni storico artistici ed etnoantropologici per le province di Siena e Grosseto...

Ma i sogni ad occhi aperti si infrangono spesso troppo presto. Basta una riga sottostante.
"Il database, che viene proposto ai collezionisti e operatori pubblici e privati [...]"
Mi chiedo se io, libera cittadina, non operatore privato (penso, qualunque cosa significhi) potrò richiedere libero accesso a questi dati perché il denaro speso per queste analisi è stato prelevato anche dalle mie tasse.
Potrò giustificare la mia richiesta di accesso ai dati con una risposta sincera?  
"Vorrei leggere i dati per curiosità, perché voglio saperne di più", o sarò costretta a giustificare tutto questo con uno studio specialistico?
E ancora la domanda sul perché i dati sui Beni Culturali debbano essere così difficilmente accessibili. Perché non si parla di un database libero? L'user si registra e basta, facciamola finita così.

Porto avanti, tra mille difficoltà, un dottorato di ricerca. Solo i dottorandi, e chi ci vive a stretto contatto, sanno quali difficoltà e resistenze si incontrino nel recuperare i dati e le analisi relative ai beni che si intende studiare, figuriamoci a quelli con cui si spera di poter trovare un'analogia mentre si brancola nella ricerca di un confronto interessante e giustificato.
Perché riservatezze sul bene comune?

Perché giungere alla fine di un percorso di ricerca con lo sfinimento e la disillusione che sarebbe stato interessante aprire una possibilità di paragone in più, ma non vi era possibilità di consultare i dati se non perdendo mesi di vita?

Sarà questo uno sfogo prematuro e insensato? 
La presentazione del database avverrà il 15 novembre.

Che la profezia si sbagli.
Parla la disillusione, perdonate.

Pinacoteca di Siena da Siena Virtuale


Web e social network: come stanno i musei in Italia?


Quali sono i musei più rilevanti sul Web?
Al momento ai primi posti della classifica di Museum Analytics (ne abbiamo parlato qui) si trovano il Museum of Modern Art di New York, l'Art People Gallery di San Francisco e il Museo del Louvre.
Per arrivare al primo museo italiano in classifica dobbiamo scorrere la classifica di Museum Analytics oltre il 100° posto.
Perché, nonostante il nostro paese sia una delle destinazioni culturali più ambite al mondo, il nostro "ranking social" è così basso?
Perché sul Web la bellezza non basta, mi verrebbe da dire. 

Cosa ci manca?

Ancora sono poche le istituzioni che si sono dotate di social media manager dedicati, e di conseguenza di piani di comunicazione appositamente sviluppati. Il personale del museo potrebbe mancare di competenze interne o di tempo da dedicare a questo tipo di contatto col pubblico che necessita sempre più del Web per essere accompagnato alla porta del museo.

Come sopperire?
Le due strade percorribili sono l'acquisizione di competenze interne, o l'affidamento di incarico a nuove figure professionali: siete pronti alla rivoluzione, musei?

Museum Analytics è così autorevole?
Non mi sento di sminuirlo, ma vorrei ricordare che Museum Analytics riporta numeri, dati grezzi non elaborati. Quale sia il reale engagement ed il ritorno in loco dei visitatori non si valuta dal numero di post e tweet pubblicati, per quanto sia indice di attenzione verso il "fruiuser", il fruitore evoluto in user.


Da dove nasce questo post?
Dal lasciarmi incuriosire da articoli online che sembrano trattare di comunicazione culturale, dell'orientamento social dei musei esteri, per poi aprirli e trovarmi delusa nel leggere testi inutili, di pura polemica, con analisi approssimative e riprese dall'articolo che faceva seguito all'altro articolo, che si è ispirato all'altro articolo: valutare l'andamento dei musei italiani online dal numero di pubblicazioni è riduttivo.

"Perché in Italia i musei non sono così social?"
Gran titoli, ma alla fine dei conti, nessuno ne parla. 
Nessuno ne parla perché si rischia di generalizzare. 
Nessuno ne parla perché in Italia siamo lenti a cambiare.
Nessuno ne parla perché dovremmo fare i conti con l'età media dei dipendenti ministeriali (non ditemi che tutti i 60enni sono abili comunicatori e recettivi al Web).
Nessuno ne parla perché in Italia siamo bravi a sentenziare.

E per non strascrivere su quanto trovi questi scritti mi sembrano inutili e poco stimolanti, ho deciso di mettermi in gioco.

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