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E luce fu: gli Uffizi illuminano Casal di Principe (CE)

Quando nasci in provincia di Caserta, il nome Casal di Principe ha un significato aleatorio.
Appartiene ad un non luogo, qualcosa che c'è ma che non si deve vedere. Ti porti dietro questo dubbio fino a quando non cominci a capire e quando lo fai, ti rassegni alla cosa. 
Un po' come tutta la provincia, vivi nella consapevolezza di essere un prolungamento di Napoli o addirittura un appartamento della Reggia di Caserta, senza capire che la provincia conta quasi 200 comuni, multinazionali, territori eccezionali e prodotti unici al mondo (tipo la mozzarella di bufala).
Al bando Capua, l'altera Roma, il grande Spartaco e la Teano (attuale Vairano Patenora) di un certo incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele; nell'immaginario generale sei quell'angolo d'Italia tra Napoli e la Reggia. 
Leggere, quindi, di una mostra a Casal di Principe (CE), di primo acchito mi ha lasciata un po’ perplessa.
Ho pensato, nel mio pessimismo leopardiano, che fosse uno di quei progetti inseriti nelle buone intenzioni dei "farò". 
Il 21 giugno del 2015, però, il sogno è diventato realtà e a Casa Don Diana è stata inaugurata la mostra “La luce vince l'ombra. Gli Uffizi a Casal di Principe”, con la partecipazione della Galleria degli Uffizi, sotto la direzione di Antonio Natali, e la collaborazione di numerosi musei locali e diverse associazioni.
Tra queste vi è l’ANISA (Associazione Nazionale Insegnanti Storia dell’Arte), presieduta da Irene Baldriga, colei che ha ispirato questo post e che mi ha fatto ritrovare la spinta a parlare ancora una volta di cultura e della sua fondamentale importanza per la formazione e la diffusione della conoscenza. 

Copia di Incredulità di S.Tommaso, Caravaggio

Il suo discorso all'inaugurazione della mostra, che potete leggere integralmente al link, affronta temi cari alle sm-Art People e alle convinzioni che mi hanno spinta anni addietro a scegliere di specializzarmi in beni culturali.  
L'idea morbosa che sin da piccola mi perseguita è quella di diffondere un modo di vedere il mondo che passi necessariamente per la cultura, nello studio del passato, nell'analisi del presente e nella creazione del futuro. 
So che è un progetto ardito, quasi presuntuoso, ma nel cuore porto il peso di grandi personaggi che prima di me hanno auspicato un simile progetto. 
Su tutti cito Pier Paolo Pasolini, collegandomi e approvando in toto la riflessione che Irene fa nel suo discorso. 
Il grande scrittore (e non solo), in una poesia dedicata ad Attilio Bartolucci, scrive: 

"Chi non la conoscerà, questa superstite terra, 
come ci potrà capire? Dire chi siamo stati?"
A Attilio Bartolucci, 1959


Il patrimonio, inteso come valore assoluto di ogni civiltà, è il punto di partenza imprescindibile di tutti noi. Riuscire a leggere il territorio che ci circonda nella sua storia e nei suoi simboli è il primo passo non solo per conoscere se stessi ma per essere in grado di capire gli altri e dare al proprio contesto una sfumatura diversa. 

Perché gli Uffizi nella martoriata Casal di Principe a ridare luce alle tenebre?

Il collegamento ce lo da proprio la storia, che ci offre un ponte tra le due realtà, diverse eppure così simili. 
Ricordate la strage di via dei Georgofili?
Nella notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993 esplose un'autobomba, proprio nei pressi della Galleria degli Uffizi e dell'Accademia dei Georgofili. Morirono 5 persone, crollò la Torre dei Pulci, vennero colpite alcune sale degli Uffizi e il corridoio Vasariano e il 25% delle opere coinvolte fu danneggiato. Alcuni capolavori sono andati perduti per sempre. Ecco a voi l'elenco, per non dimenticare:
Il Concerto musicale di Bartolomeo 
Giocatori di Carte di Bartolomeo Manfredi
L'adorazione dei Pastori di Gherardo Delle Notti
Aquila di Bartolomeo Bimbi
Avvoltoi, gufi e beccaccia di Andrea Scacciati
Scena di caccia di Francis Grant
Grande cervo in una palude di Edwin Landseer

L'attentato fu di stampo mafioso e si inserisce in tutte le azioni della Mafia che portarono all'uccisione di 21 persone e a diversi danni al patrimonio tra gli anni '92-'93.
Lo scopo era quello di colpire al cuore dell'Italia e al centro del nostro patrimonio. 

Gli Uffizi, dopo 22 anni, rispondono facendo esplodere la loro metaforica bomba. 
Al posto del tritolo parla l'arte, alla criminalità risponde la civiltà, alla rassegnazione rispondono gli 80 volontari che lavorano alla mostra fuggendo gli stereotipi, vincendo la ritrosia e riconoscendosi in un termine, che ne racchiude altri: RINASCITA. 
L'associazione a supporto dell'iniziativa, della quale vi segnalo il sito, http://www.rrinascita.it, è l'inizio di un percorso di rinascita che comincia dalla cultura e dalla conoscenza. 

Le opere in mostra sono dei capolavori legati al territorio. Si passa dalla Matres Matutae custodita nel vicino Museo Archeologico di Capua, simbolo del territorio casertano, al Fate Presto di Andy Warhol, che riprende la prima pagina del Mattino del 26 novembre 1980, a tre giorni dal terremoto che distrusse l'Irpinia, come monito ad intervenire tempestivamente sul territorio. 
I pittori delle restanti 16 opere, tutte tele ad olio, sono o pittori nati in Campania, come Salvator Rosa, o che hanno lavorato in questa regione, al fine di testimoniare l'ispirazione che il territorio ha dato loro e che nel tempo si è mantenuta viva. 
In particolare ci si ferma sul rapporto tra luce ed ombra, quindi sulla grande rivoluzione caravaggesca che inaugura un nuovo modo di dipingere e di interpretare le scritture e il mondo. 

Parabola di S. Matteo, S. Rosa, Museo di Capodimonte


Non so voi, ma io mi sento sempre più parte di questo progetto.
Vedo gli occhi di Giovan Battista Cavalcaselle che in epoca post unitaria raccoglieva immagini, opere e tradizioni di un paese che è unito dalla sua storia millenaria e dalla sua arte senza tempo. Il suo intento era la tutela di quest'eredità perché potesse essere custodita ed interpretata dalle future generazioni. Nulla si doveva perdere di ciò che eravamo perché è la radice di ciò che siamo.
Vedo, poi, Roberto Longhi, il maestro di chi studia storia dell'arte, che considera la storia dell'arte la nostra vera lingua, ciò che ci unisce e ci rende una nazione. Insegnare la storia dell'arte nelle scuole è un dovere civico per le future generazioni che solo in tal modo sapranno riconoscere i simboli della loro civiltà e saranno stimolati, direttamente o indirettamente, ad eguagliare le eccellenze.
Vedo, infine, il "paesaggio culturale" caro a Pier Paolo Pasolini, secondo il quale i luoghi di ogni parte d'Italia sono la rappresentazione vivida della nostra storia e un aspetto irrinunciabile della nostra vita. Lui che, unico nel suo genere, ha inserito nei film e in ogni sua opera le grandi opere d'arte che dell'esaltazione dei paesaggi sono l'emblema. 

Se dobbiamo ripartire, allora facciamolo con la cultura, partendo dalla nostra storia senza dimenticare il passato, senza fuggire le nostre ombre, ma vincendole, con la luce della conoscenza. 
Non ci si deve chiedere se è giusto inserire o meno la storia dell'arte, la musica e le discipline artistiche nei piani didattici, ma ci si deve piuttosto interrogare sui metodi di insegnamento e di diffusione delle conoscenze
Non dobbiamo vantarci dei musei, delle scuole di restauro, delle professioni culturali e poi non tutelarle. 
Allo stesso modo, non dobbiamo soccombere alle cose, sopprimere i nostri sogni perché tanto poi non si avverano. 
Le cose possono cambiare. Le cose devono cambiare. 
A Casal di Principe ci stanno provando.
Voglio ancora crederci, e voi? 


La mostra è visitabile fino al 21 ottobre. Si organizzano autobus da tutta Italia. 
Online potete trovare indicazioni alla pagina facebook dell'evento: https://www.facebook.com/events/958596754165123/ 







ANISA: il video in difesa della storia dell'arte














Poco più di un mese fa smartiani e amanti della storia dell'arte sono stati chiamati alle armi digitali perché inviassero un video in difesa dell'insegnamento della storia dell'arte nelle scuole.


Cos'era successo?
La storia dell'arte subisce tagli nelle ore di insegnamento in diversi istituti, oltre il taglio qualche anno fa.  
Il DDL Buona Scuola votato alla Camera il 20 maggio 2015 non reintegra le ore di storia dell'arte nella scuola italiana. 
Il Ministro Franceschini diffonde un comunicato MiBACT che ha l'aria di essere positivo.
“Con  il decreto Buona Scuola – dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini - ritorna l’insegnamento della storia dell’arte, si introduce la didattica nei musei e vengono riconosciuti i titoli di studio rilasciati dagli istituti che operano nei settori dei beni e delle attività culturali. Più spazio inoltre alla musica, allo spettacolo e al cinema nei programmi scolastici. Un passo deciso verso la piena integrazione fra scuola e cultura per rendere i nostri giovani dei cittadini pienamente consapevoli del proprio patrimonio artistico. Sono certo – conclude Franceschini - che il Senato confermerà queste norme che finalmente riconoscono la centralità del nostro patrimonio materiale e immateriale, storico e artistico, nei percorsi formativi"
L'ANISA denuncia il mancato potenziamento dell'insegnamento. Personalmente mi pare scorretto annunciare il ritorno dell'insegnamento della storia dell'arte come una conquista se questa non è avvenuta: la storia dell'arte non è ancora mai stata interamente tagliata dalla scuola (e meno male!).
Siamo un Paese dal patrimonio culturale diffuso, talmente diffuso, da perderne di vista l'importanza. In una intervista Gombrich diceva che i guardiani dell'eredità culturale devono essere i cittadini. 
Cittadini italiani, quanti di voi credono davvero che possiamo vivere di Cultura?
Io credo il punto sia questo: non sono abbastanza gli italiani a credere fermamente in questo possibilità.

ANISA difende la formazione dei nostri futuri guardiani del patrimonio culturale e invia una lettera a Mattarella, Presidente della Repubblica.

Come chiaramente esplicita l’art. 9 della nostra Carta Costituzionale, il patrimonio artistico è un bene che la Nazione si impegna a tutelare e a trasmettere alle future generazioni. Vorremmo sottolineare che non vi è tutela possibile, non vi è valorizzazione consapevole e sostenibile, laddove non sussistano le condizioni di sufficiente comprensione e conoscenza della storia e della cultura di una Nazione.
Ed è la Scuola, Signor Presidente, che deve assumere con forza il compito di costruire tale comprensione e tale conoscenza, facendo sì che esse diventino bagaglio della coscienza di ciascun cittadino.
I lettori del Corriere della Sera dichiarano di essere d'accordo con la Presidente dell'ANISA, la professoressa Baldriga: l'Italia è talmente ricca di monumenti che tutti dovremmo essere più "istruiti" in materia di storia dell'arte. Diventa impensabile non educare le nuove generazioni alla nostra storia, alla nostra cultura.

Pensate se tra qualche anno, mentre passeggiate per le vie di Roma, vedeste passare dei ragazzetti che fan supposizioni su chi sia quel cavaliere a cavallo in piazza del Campidoglio, o se non fossero in grado di riconoscere un'opera di Botticelli da una del Caravaggio: la storia dell'arte deve forse rientrare in una sfera elitaria?

La storia dell'arte insegnata a scuola, a tutti, col suo valore anche civile e sociale, non potrebbe forse aiutarci a ricostruire i valori di cittadinanza che sempre più spesso si ritiene perduta?

Che faremo in difesa della nostra identità culturale?

Senza di essa, ciò che io studio come conservation scientist non perde forse il suo senso?

Come finirà questa battaglia?
Vi terremo informati!



(foto: da iniziativa ANISA su Facebook e sul sito)


Quanto ami la storia dell'arte?


La storia dell'arte può mostrare la nostra volontà di cambiare la visione culturale del nostro Paese?
Sì, perché criticare è facile come mettersi sul carro di chi urla più forte, ma quanto ci mettiamo realmente in discussione? Quanto ci muoviamo per cambiare ciò che non ci piace? Quanti di noi sarebbero disposti a un breve video?
Le difficoltà tecniche sono.. zero! 
Considerando che la media nazionale di smartphone è superiore a 1, uno di questi aggeggi tecnologici è presente nella vita di TUTTI, anche tramite richiesta di supporto tecnico da parte del barista di fiducia.
Conclusa l'introduzione che fa decadere la scusa più gettonata per non metterci in gioco, arrivo al punto: la storia dell'arte.

La storia dell'arte verrà pesantemente tagliata dal piano formativo delle scuole, e questo non stupisce se si pensa alle condizioni in cui versa la gestione del patrimonio culturale in Italia, ma se ci sforzassimo di pensare un mondo in cui fino ai 18 anni non si sente parlare di storia dell'arte, in quali mani lasceremmo il nostro Paese, costellato di emergenze culturali?

Come dice il professore Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma, in un intervista che trovate qui, "la ricchezza dell'Italia si basa sul suo patrimonio artistico e culturale. Il nostro Paese non ha più l'industria perché il patrimonio delle grandi imprese statali è stato completamente distrutto. L'agricoltura non ha potuto contare su provvedimenti di sostegno, il commercio langue e la burocrazia è asfissiante. In tale quadro desolante la politica continua a stanziare solo lo 0.1% del Pil in favore della Cultura".

Il settore scuola è controverso e io non ho ancora una posizione precisa sul dove io mi trovi schierata rispetto alla riforma, alla cosiddetta "buonascuola".
Come si fa a decidere dove schierarsi?
Da una parte il dramma dei precari, i tagli dei finanziamenti alle scuole, il sovraffollamento delle classi, dall'altra il triste declino del livello di istruzione, la demotivazione degli studenti, la sensazione che l'insegnamento sia diventato un parcheggio e raramente una vocazione: d'altronde, come si può scegliere di diventare insegnanti per vocazione se prima di poter avere un incarico bisogna passare anni di supplenze che potrebbero andare da un mese di lavoro a due giorni annui? Come gestire la mattina a disposizione e un lavoro per vivere?
Come scegliere l'insegnamento se per insegnare devi rientrare nel novero dei fortunati la cui laurea è riconosciuta dalle classi di concorso che non danno possibilità a coloro che han frequentato corsi di laurea "ibridi" rispetto ai tradizionali?
Come non appoggiare la possibilità di introduzione di un minimo di "meritocrazia" allontanando i docenti che non lavorano, e come limitare d'altronde il potere ai presidi?
Il problema di del "superpotere" del preside è legato al fatto che siamo italiani e ci comportiamo come tali: vogliamo la meritocrazia, ma quando ce la offrono siamo in grado di accettarla? Abbiamo paura dei presidi perché incapaci o perché collusi in un sistema mal funzionante?

Pur non sapendo da che parte stare, pur trovandomi in accordo-disaccordo, mi sento chiamata in causa nel promuovere un'iniziativa video per amore della Cultura e della storia dell'arte.

L'Associazione Nazionale Insegnanti di Storia dell'Arte (ANISA) ci chiede un breve filmato in cui, dopo esserci presentati con nome, cognome, scuola frequentata e titolo di studio, rispondiamo a questa domanda: 

"Quanto è stato importante per me studiare a scuola storia dell'arte?"

Il video va correlato con una liberatoria (meglio in video, ma va bene anche scritta) per l'utilizzo del video per il montaggio nazionale che verrà inviato al Ministero e in Parlamento, e diffuso nei canali social.
I video possono sono essere inoltrati via messenger a Simone Mereu Canepa, docente presso l'Istituto Pertini di Cagliari. 

Quanti di noi credono ancora nella storia dell'arte?
Abbiamo tempo fino al 14 maggio.
Ai video l'ardua risposta.

I video vengono condivisi anche sulla pagina Facebook: Urgent call in difesa della storia dell'arte.









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