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Santa Cecilia tra storia e iconografia




La storia di santa Cecilia è davvero molto particolare e si inserisce in quella serie di racconti che hanno condizionato la storia e, soprattutto, l'immaginario dei fedeli, degli storici e degli storici dell'arte.
Il post non ha pretese di approvazione di verità storiche, ma vuole sottolineare alcuni aspetti che riguardano in modo particolare l'iconografia legata alla santa e alle vicende tramandate nell'agiografia che la riguarda.

Biografia
Cecilia fu una nobile romana, da qui l'abbigliamento sontuoso e ricco, vissuta tra il II e il III sec. d.C. Venne data in sposa a Valeriano, anche lui discendente di una nobile famiglia romana. La notte delle nozze Cecilia rivelò al marito la sua conversione al cristianesimo e la sua decisione di fare voto di castità. Il marito accettò il desiderio della moglie, si convertì egli stesso al cristianesimo e fece convertire anche suo fratello Tiburzio.
Tutti e tre cominciarono così un' opera di diffusione della nuova religione e Cecilia, oratrice eccellente, ben presto riuscì a convertire molti romani, protetta e aiutata dai due fratelli soldati. Valeriano e Tiburzio si dedicavano alla sepoltura dei martiri condannati a morte dalle persecuzioni, in ottemperanza alla millenaria legge non scritta della sepoltura e del culto dei morti.
La loro fama crebbe così velocemente che vennero condannati al martirio dal prefetto romano Turcio Almachio e vennero decapitati. Anche Cecilia, rifiutandosi di rinnegare la fede cristiana, venne condannata ad essere bruciata nell'olio bollente, ma il suo corpo rimase intatto dopo tre giorni di immersione nel liquido e si decise per la decapitazione, che condusse alla morte la giovane donna dopo tre colpi e altri tre giorni di agonia.
Papa Urbano I, testimone dell'opera di Cecilia, provvide a seppellire il corpo della santa insieme a quelli dei vescovi romani e ordinò di costruire una chiesa a lei dedicata sui resti della sua casa natale. Si tratta dell'attuale chiesa di s.Cecilia in Trastevere a Roma. 

Testimonianze pittoriche
A Bologna, nell' "Oratorio di S.Cecilia" dietro la chiesa di s.Giacomo Maggiore in via Zamboni, un ciclo pittorico realizzato a partire dal 1505 da Francesco Francia, Amico Aspertini e Lorenzo Costa, racconta proprio gli episodi della vita dei tre martiri. Lo stile è quello del pieno Rinascimento ed è una testimonianza storico artistica molto importante perché sono messi a confronto tre grandi del Rinascimento bolognese e nazionale. 
Nelle scene non troviamo nessun riferimento alla musica, di cui la santa è patrona. Si sottolinea, piuttosto, la capacità oratoria della donna e l'umiltà dei due uomini al servizio di Dio. 
Da dove nasce, dunque, la tradizione di s.Cecilia come protettrice della musica?


Martirio s.Cecilia, Bologna
Orazione s.Cecilia, Bologna












Cecilia patrona della Musica
L'accostamento di Cecilia alla musica è stato generato da un'interpretazione errata dei testi degli antifonari (e non dalla Passio ) che venivano utilizzati nelle messe durante i festeggiamenti per la santa.
Il testo originale riporta la seguente dicitura: "Candentibus organis, Caecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat...", ossia "Tra gli organi (strumenti del martirio) incandescenti, la vergine Cecilia cantava lodi a Dio in cuor suo". 
L'interpretazione sbagliata è nella prima frase, così trascritta: "Cantantibus organis..", ossia "Tra gli organi(strumenti musicali) suonanti", dunque ascoltando musica celeste cantava lodi a Dio in cuor suo. 

Comincia da qui la fortuna iconografica di Cecilia, alla quale furono attribuite capacità musicali. Fu così che alla santa venne assegnato un organo portativo come simbolo delle sue eccellenti doti da musicista e da allora venne invocata dai cantanti e dai compositori come loro protettrice. 

Confronti iconografici
Il confronto delle due tradizioni iconografiche si può fare a distanza di 200 metri, proprio nella città di Bologna. Nella Pinacoteca Nazionale della città felsinea, infatti, viene conservata la tela de "L'estasi di s. Cecilia", datata 1515 e realizzata da Raffaello Sanzio, una delle più grandi interpretazioni pittoriche della tradizione legata a santa Cecilia. Il dipinto, realizzato per la chiesa di s.Giovanni in Monte su commissione privata, raffigura la santa con gli attributi dell'organo e di svariati strumenti musicali, in uno stato di estasi, proprio come se stesse cantando "in cuor suo". 



Raffaello, Estasi di s.Cecilia, Bologna


Cosa è cambiato in 10 anni? Raffaello aveva portato a Bologna una tradizione che a Roma era già diffusa e la presenta grazie ad una commissione privata. Sacro e profano si innestano per portare alla luce una tradizione che si era già diffusa nella città del papa. Da questo momento in poi i grandi artisti bolognesi, come Guido Reni, non potranno fare a meno di diffondere questa nuova iconografia.
Due tradizioni così diverse nella stessa città ci parlano dell'importanza delle valutazioni storiche, religiose e filosofiche che stanno dietro il nostro immaginario. 
Il culto dei santi, come delle reliquie e l'attenzione all'evoluzione dell'arte e della cultura sono il monito che deve sempre alimentare la nostra curiosità affinché si possano osservare con gli strumenti giusti le evoluzioni iconografiche e storiche che caratterizzano la nostra storia.

Essere sm-Art People è anche questo. Indagare e diffondere le idee e proporre confronti. 
Vi invitiamo ad una passeggiata a Bologna sulle tracce di s.Cecilia. 

Curiosità smartiane. San Valentino: storia, leggenda e fenomeno mediatico. Da che parte state?





Oggi è il 14 febbraio, buon San Valentino a tutti!

Tra cuori, frasi d'amore e cenette romantiche siamo impegnati a festeggiare l'amore :)

La festa, però da dove nasce? Ve lo spighiamo in modalità smartiana!

Partiamo da molto lontano, ossia i Lupercalia feste dedicate al dio Luperco, una festività romana che era un atto di purificazione.

I festeggiamenti si collocavano tra il 13 e il 15 febbraio, il periodo in cui i lupi, affamati per il lungo digiunare dovuto all'inverno, minacciavano maggiormente le greggi.
Si caratterizzavano per i sacrifici di bestiame, in particolare ovini, e per i riti carnali che sfociavano, secondo alcune tradizioni, in orge. 
La ricorrenza si collocava, inoltre, alla fine dell'anno, visto che il Capodanno romano è il 1 di marzo. Rappresentavano, dunque, un'occasione per lasciarsi andare ai saluti dell'anno che stava per finire e regalarsi speranze per l'anno venturo.

Plutarco nelle Vite parallele, sebbene confermi i riti sopra descritti, riferisce la festa alla celebrazione dell'allattamento di Romolo e Remo, avvenuto, secondo la leggenda, per il tramite di una lupa nella grotta del lupercale appunto, sul colle Palatino a Roma dove i gemelli crebbero prima di fondare la città eterna.

Questo rito di fertilità e purificazione restò in auge anche dopo la legittimazione della cristianità (313 d.C. Editto di Costantino) fino a quando nel 496 d.C., papa Gelasio (492-496) istituì la festa di s.Valentino, dedicata all'amore spirituale che sostituiva la festa romana.

Non vi scandalizzate,  reinterpretare le festività del calendario romano era prassi consolidata nei primi secoli del Cristianesimo.

Il papa si ispirò alle leggende che correvano su due santi vissuti nello stesso periodo, ma che presumibilmente sono la stessa persona.
Il primo san Valentino, nato a Terni (Interamna) nel 176 e morto martire nel 273, si diceva che favorisse gli amori e i matrimoni, addirittura quelli infelici e che avesse regalato una rosa rossa ad una sposa che non amava il suo sposo per convincerla ad amarlo e vi riuscì.
La seconda tradizione, invece, associa ad un altro santo la festa degli innamorati. Si tratta di un Valentino vissuto a Roma  negli stessi anni e decapitato perché avrebbe acconsentito al matrimonio tra una cristiana, Serapia, e un militare romano pagano, Sabino.

La festa dei cuoricini come la interpretiamo oggi nasce da una tradizione anglosassone.
Fu Geoffrey Chaucer, l'autore dei Racconti di Canterbury a diffondere nel 1300 il poema The Parliament of Fowls (Il Parlamento degli Uccelli), in onore delle nozze tra Riccardo II e Anna di Boemia che in 700 versi associa Cupido al fantomatico san Valentino paragonando la danza dell'amore degli uccelli al festeggiamento in onore del santo e conseguentemente fondendo l'amor sacro e l'amor cortese.

Qualunque sia l'origine, qualunque sia il vostro credo o la vostra vita amorosa, non c'è nessun altro sentimento così celebrato, così ricercato, così odiato, così osannato come l'Amore.
Ogni occasione è da cogliere per dire alle persone amate quanto sono importanti per noi!

Nell'arte l'amore è rappresentato in tutte le sue forme, ma una sola immagine sa emozionarmi come  nessuna: Il bacio alla porta aurea tra Anna e Gioacchino, opera Giotto realizzata a Padova nella Cappella degli Scrovegni. 
Ritengo sia il bacio più tenero e nello stesso tempo più carnale della storia dell'arte che unisce l'amore celeste e la predestinazione dei protagonisti all'amore terreno, pieno di affetto e di passione.
Rappresentazione ideale di un amore puro che non rinuncia alla carnalità 

Buona Festa degli Innamorati!


Letture smartiane: "Le tecniche artistiche" di Giorgio Vasari

"La scultura è un'arte che, levando il superfluo dalla materia suggetta, la riduce a quella forma di corpo che nella idea dell'artefice è disegnata"
Così scriveva Giorgio Vasari nell'introduzione alle Vite degli artisti. Egli infatti premise all'opera una introduzione, una vera e propria trattazione chiamata Teoriche, divisa in tre capitoli dedicati alle tre arti maggiori: 
Architettura
Scultura
Pittura

Fidia o la scultura, Andrea Pisano, 1334-1336
Giorgio Vasari, architetto e pittore in  prima persona, scrive delle tecniche, dei materiali, dei procedimenti artistici, sia per informare il lettore disinformato che per assistere gli artisti coinvolti in questi procedimenti. E' lo stesso Vasari, a conclusione delle Vite, a sottolineare il desiderio di essere compreso anche da chi non ha una formazione letteraria, sottolineando lo sforzo durato anni, di raccogliere informazioni da molte fonti, scritte e di tradizione orale, dalla frequentazione di artisti e artigiani nelle botteghe e nei cantieri, per giungere al suo testo, ricco di termini tecnici, eppure allo stesso tempo, di facile lettura. 


"mi sono ingegnato per questo effetto, con ogni diligenzia possibile, verificare le cose dubbiose con più riscontri"

L'introduzione alle Vite, spesso trascurata, è stata commentata da Gerard Baldwin Brown all'inizio del Novecento  in un testo piacevolmente scorrevole, che lascia spazio sia alla parte tecnica che a quella divulgativa.

Mi imbatto nella frase che ho riportato in apertura mentre sfoglio tutto il volume. Il mio focus è la pittura, ma quelle pagine scritte sulle tecniche artigiane passate mi affascinano: cerco di carpirne i segreti, di capire su quali particolari l'occhio dell'architetto e pittore Giorgio si soffermava. 

Appare evidente il carattere divulgativo dell'opera e come Vasari lasci da parte tutto ciò che riguarda le ricette e i segreti di bottega. Forse Vasari riteneva superflue queste informazioni? O forse, semplicemente, il segreto di bottega legava le sue mani. D'altronde, gli artisti dovevano passare una fase di apprendistato in cui acquisivano le conoscenze più pratiche sperimentando direttamente il lavoro in bottega, per quanto non fosse condizione sufficiente perché un maestro consegnasse a un apprendista i suoi segreti: era necessario essere un apprendista eccelso. Anche Giorgio Vasari non poteva evidentemente permettere che i segreti fossero diffusi e stampati su carta scritta. 
E' forse per questo che Giorgio Vasari decise di anteporre alle vite degli illustri artisti questi brevi capitoli introduttivi, che non possono sostituirsi all'apprendistato in bottega, ma che introducono il lettore nel mondo delle tre arti attraverso un viaggio materico e tecnico. Il testo poteva forse offrire spunti di riflessione agli addetti ai lavori, ed allo stesso tempo suscitare la curiosità del lettore estraneo alla pratica dell'architettura, della scultura e della pittura.

Materiali, modalità d'impiego, insegnamenti e professionalità si aggirano in questi capitoli come spettri di un mondo in fermento, prima di giungere ai racconti, alla memoria, degli illustri personaggi che han fatto le arti al tempo del Vasari.



Testo: Vasari, Giorgio, Le tecniche artistiche, introduzione e commento di G. Baldwin Brown, Neri Pozza editore, Vicenza, 1996

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