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Riflessioni smartiane: Buon senso: dov'era, com'era. Riflessioni sull'incontro degli storici dell'arte a Mirandola
"Palazzi e chiese e
opere d’arte sono il fascio di nervi che tiene in funzione i neuroni rimasti a
noi italiani". Frase ad effetto, no? Eppure, a
pensarci bene, credo che quel fascio di nervi si sia assopito e si sia
ammutolito nel silenzio delle pietre di ieri e del cemento di oggi.
L'espressione è tratta da
un articolo dedicato all'appuntamento "Mirandola 04 maggio: com'era,
dov'era" (qui il testo). Seconda frase ad effetto.
Di cosa si tratta? E' una
sorta di chiamata alle armi episodio 2 che mira a coinvolgere "storici
dell’arte, architetti e professionisti affini" in un atto di sensibilizzazione verso i modus operandi nella ricostruzione post sisma in Emilia.
Scrivo episodio 2 perché
lo scorso anno la manifestazione si è svolta, su idea del prof. Tomaso
Montanari a l'Aquila, richiamando oltre 1000 presenze di addetti ai lavori
(anche gli studenti li considero tali). Si passa insomma di terremoto in
terremoto, in un fascio di nervi in macerie, appunto.
Nel capoluogo abruzzese io c'ero e ho raccontato sul blog quell'esperienza
sia nelle aspettative dell'andata (qui il testo) sia nelle riflessioni del ritorno (qui il testo).
Porto ancora addosso la sensazione positiva di aver vissuto finalmente
un'esperienza che mi rendeva consapevole di appartenere ad una comunità, quella
degli operatori culturali, che sapeva bene dove direzionarsi, che aveva
finalmente riconosciuto il proprio ruolo di connettore tra la storia, il
presente e il futuro.
A L'Aquila hanno strappato il passato, l'identità e il tessuto urbano della
città, ne hanno completamente scardinato l'equilibrio e la stabilità che solo
la stratificazione cittadina e sociale possono tutelare.
Mi riconoscevo in quell'intento di manifestare col silenzio il dissenso; di
far valere le ragioni storiche agli interessi di un sistema marcio nel
profondo. La speculazione era evidente ed era un dovere civico essere lì a
testimoniare con la nostra conoscenza che il futuro si costruisce dal passato.
Perchè però adesso sono
qui a dubitare? Perchè ho deciso di non andare a Mirandola, più vicina e
comoda, visto che vivo in Emilia Romagna?
La risposta è presto
detta: ancora una volta sono delusa. Ripetere quest'iniziativa in un altro
luogo terremotato, associare due realtà diverse con motivazioni diverse e
schierarsi nella posizione estrema di un "Com'era, dov'era" non sono
altro che manifestazioni di un interesse che, sebbene possa non essere
speculativo, ha radicata l'idea di estremizzazione e di scontro.
Io sono un conservatore, conosco i
materiali e le tecniche di costruzione, sono in grado di discernere cosa si può
conservare, cosa recuperare e cosa ahimè documentare e ricostruire con una
nuova identità.
La frase di Montanari: "Ritengo
sia meglio rischiare un falso storico che rischiare la perdita di identità di
una comunità e quindi la giornata di Mirandola è in continuità con quella de
L’Aquila", mi fa rabbrividire.
Il paragone con le Guerre Mondiali e i recuperi di istituzioni importantissime
dal punto di vista sociale e culturale (ad esempio l'Archiginnasio di Bologna
dove ho avuto la fortuna di studiare per i miei esami), non tengono le ragioni
di un "dov'era, com'era" e mi pongono mille interrogativi sulla forza
che noi operatori culturali abbiamo.
Falsificare la storia o i
monumenti non ha lo stesso effetto di uno scempio? Non mina comunque la storia
di un luogo?
Non ci vogliono posizioni
estreme, ci vuole BUON SENSO.
E questo buon senso
manca: nella cultura, nella politica, nei cittadini di quest'Italia che a
qualunque latitudine vivono solo per tirare acqua al proprio mulino, senza
capire che il fiume che fa girare le pale è unico e appartiene a tutti.
Ogni monumento andrebbe
valutato insieme, in un accordo corale tra diverse professioni che possa
trovare la soluzione migliore per il bene in sè e per la comunità.
Perchè ostinatamente
conservatori? Perchè ostinatamente progressisti?
Sono due facce della
stessa medaglia!
Io sono stufa di
illudermi, sono stufa di meravigliarmi per le bellezze di questo paese e le
nefandezze dei suoi cittadini.
Ho scelto di
specializzarmi nel settore dei beni culturali perchè credo nel potere della
cultura, credo nel valore che produce e nell'immortalità dei suoi insegnamenti.
Non posso però essere rappresentata in questo settore da arretrate e superate
posizioni demagogiche. O dall'altra parte da subdole e interessate posizioni
rinnovatrici.
Non mi serve nè l'una nè
l'altra.
Abbiamo bisogno di
coscienza, abbiamo bisogno di competenze in grado di guardare in faccia una
realtà che sia comunitaria e condivisa.
Da "L'Aquila 05
maggio" non è scaturito nulla, se non un assordante silenzio, come quello
che abbiamo sentito in Abruzzo. E' quella l'eredità dell'Aquila? Noi storici
dell'arte generiamo silenzio?
Cosa scaturità da
Mirandola?
Questo post non ha valore
di protesta; è un appello e una richiesta d'aiuto. Ho scelto l'immagine per
eccellenza del terremoto in Emilia: una torre dell'orologio smembrata.
Ostinarsi a recuperarla? Buttarla giù e realizzare una scultura
contemporanea?
La risposta io non ce l'ho, ma si può e si deve trovare insieme. Che il
terremoto sia occasione di evoluzione e di ragionamento su come limitare i
danni di disastri non prevedibili magari adottando norme e tutele prevedibili e
valutabili.
Arrivata alla meta dei 30
anni pretendo delle risposte sul perché di un fallimento colossale nella
gestione dei Beni Culturali. Volete sapere perchè? Perchè minacciosamente pende
sul mio personale fallimento.
Fallimento per tutti, fallimento per uno. Notate quanto sia importante essere uniti?
Fallimento per tutti, fallimento per uno. Notate quanto sia importante essere uniti?
Author : Unknown