Posted by : Unknown martedì 10 febbraio 2015



"Cari giornalisti,

dopo aver letto stamattina su uno dei principali quotidiani italiani l'ennesimo insulso articolo che esprime stupore e meraviglia perché c'è gente che fa la coda per una mostra e quindi conclude estasiato che allora 'con la cultura si mangia', dando per l'ennesima volta eco a dei vaneggiamenti senza senso, chiunque ne sia l'originario autore, vorrei precisare quanto segue:
1. Il settore culturale e creativo è uno dei più grandi dell'economia europea e mondiale. Sono ormai passati quasi dieci anni dalla pubblicazione del rapporto della commissione europea che da le cifre per il nostro continente. Non è un documento riservato, è stato ampiamente pubblicizzato. Una ricerca su Google richiede pochi secondi. Provate questa emozione qualche volta.
2. Le big four (Google, Amazon, Facebook, Apple) sono tutte aziende che producono e vendono contenuti e servizi culturali tra gli altri. Vi fa venire in mente qualcosa?
3. Dei tanti modi con cui si produce valore aggiunto attraverso la cultura, il fatturato delle mostre risulta tra i meno indicati da portare ad esempio, perché per quanto una mostra possa vendere, sarebbe difficile realizzarla senza i contributi di qualche ente erogatore. Ma non c'è niente di male in questo: per tanti settori culturali che fanno profitti, ce ne sono alcuni, come appunto quello del patrimonio e delle attività ad esso connesse, che ha logiche economiche diverse e non è fatto per produrre profitto. Ciononostante è importantissimo perché è uno dei settori che contribuisce maggiormente alla nostra formazione culturale e alla nostra identità, ed è proprio per questo che merita di ricevere finanziamenti pubblici (e privati). Ma proprio per questo, le attività connesse al patrimonio culturale dovrebbero essere guidate da criteri di qualità e scientificità, che non sono in nessun modo in contrasto con la comprensibilità e la piacevolezza, come dimostrano tante mostre importanti e appaganti per gli spettatori allestite nei musei di tutto il mondo.
4. Non è affatto vero che se la gente sopporta lunghe code per vedere una determinata mostra vuol dire che se c'è qualità la gente accorre. Ci sono mostre orribili e prive di qualunque valore conoscitivo che attirano folle e mostre belle e importanti che non vede quasi nessuno (ma anche viceversa). La capacità di attrarre pubblico, soprattutto in paesi con livelli bassissimi di partecipazione culturale come il nostro, dipende anche e soprattutto da altri fattori rispetto alla qualità, fattori che peraltro sono in modo non piccolo legati proprio ai media per cui lavorate. Proprio per questa ragione, una mostra mal progettata fa molti più danni dei benefici immediati che procura qualche stanza d'albergo e qualche tavolo di ristorante occupati in più. E al contrario, una mostra ben progettata e ben promossa può produrre effetti benefici per anni nella mente e nel cuore di chi l'ha vista ed è stato messo in condizione di comprenderla e apprezzarla.
5. Se provaste a documentarvi, sapreste che la vera differenza in termini di futuro sviluppo non la farà la piccola economia delle mostre e dei souvenir, ma la farà la partita delle tecnologie innovative legate al patrimonio, dalle tecnologie indossabili alla realtà aumentata. La farà il settore emergente del welfare culturale. La farà la cultura per la coesione sociale e per l'orientamento vocazionale. Ma a voi tutto questo non interessa, vi interessano solo le code per le mostre blockbuster, perché avete un'idea dell'economia della cultura ferma all'Ottocento e non avete la minima percezione di quel che sta accadendo davanti ai vostri occhi. Perché non capite che le nostre enormi potenzialità di sviluppo economico legate alla cultura seguono logiche completamente diverse da quelle che meccanicamente vi vengono alla mente ogni volta che sentite parlare di economia della cultura.
6. E tanto per chiudere, per l'ennesima volta: non è vero che l'Italia possiede il 50% (o 60 o 70) del patrimonio culturale mondiale: sono percentuali che anche volendo sarebbe impossibile misurare, e vi invito a chiedervi perché. Questo numerino, quale che esso sia, non è che una leggenda urbana, che fa il paio con tutte le cretinate sul petrolio dell'Italia e altre varie amenità.
So benissimo che queste righe non serviranno a niente e che da domani ricominceremo a sentire giornalisti che chiedono se con la cultura si mangia o no. Ma se siamo a questo punto un po' patetico, la colpa è anche vostra. Se continuiamo a basare i nostri ragionamenti collettivi sulla cultura su sciocchezze assortite e leggende urbane, dipende anche da voi. Provateci, almeno una volta, a scrivere di queste cose con un minimo di cognizione di causa. Non vi rendete conto di quanto potreste fare per il futuro di questo paese. "

Così scrive Pier Luigi Sacco sulla Cultura, in un post su un famoso social network e noi non abbiamo potuto fare a meno di condividerlo, non ri-condividerlo, ma stamparlo a caratteri sul nostro blog.
“Scrivere […] con un minimo di cognizione di causa. Non vi rendete conto di quanto potreste fare per il futuro di questo paese”.
Così noi ancora una volta ci schieriamo:
contro chi pensa che di Cultura non si mangia,
contro chi si occupa di comunicazione, ma non si documenta,
contro chi spettacolarizza la bellezza per una fiamma effimera,
contro chi dimentica che la cultura crea valore e che da qui arriva il ritorno economico sotto le più svariate forme.
Nel Web le notizie si trasformano: uno studio di statue in bronzo del primo Cinquecento si trasforma in una scoperta sensazionale, dei ritrovati Michelangelo! E qui si scatena il popolo del Web e si divide tra chi ci vuole credere (“Che meraviglia!”, “Solo ora ritroviamo delle opere così importanti?”) e chi sembra avere le idee ben chiare (“Bufala!”, “I dati a disposizione non mi convincono”, “Michelangelo non era artista da creare qualcosa del genere”). Poi a leggere le interviste originali si scopre il gioco di chi sensazionalizza per una manciata di “virtual fama”.Nel frattempo il settore culturale conferma il primato della specie buffoni.
Invece no.
Scrivere di Cultura con consapevolezza porterà all’economia del welfare culturale, e tanto più ci si orienterà al valore, tanto più questa crescerà. Se i professionisti saranno pronti, e i giornalisti limitati. Ma questa responsabilità è nostra. Facciamoci sentire, con educazione e consapevolezza.


foto da Web

- Copyright © sm-Art People Plot - Powered by Blogger