Posted by : Unknown giovedì 13 giugno 2013

Grande successo, ma sopratutto approvazione, sta avendo la notizia dell'avvenuto restauro degli affreschi della Cappella Maggiore della Basilica di Santa Croce a Firenze. 
Le "Stigmate di San Francesco" di Giotto e la "Assunzione della Vergine" del Maestro di Figline, uno degli enigmatici collaboratori della bottega giottesca, sono stati restaurati dall'Opificio delle Pietre Dure grazie ad un accordo con l'Università giapponese di Kanazawa, e sopratutto grazie al contributo del professor Takaharu Miyashita, docente di storia dell'arte occidentale. 
Grande prestigio all'Italia per questa grande operazione di restauro, partita nel 2010 e conclusasi nel mese di marzo di quest'anno.

La verità è che non abbiamo proprio niente di cui vantarci, perché noi italiani non siamo stati capaci di tutelare questi affreschi e questa nostra eredità.
Ben vengano tutti i mecenati del mondo, tutti gli amanti dell'arte e della Cultura, ma perché noi italiani non siamo capaci di preservare il nostro patrimonio?
"Con la crisi chi si può permettere un restauro!"
Beh, ora sono veramente convinta che in tempi diversi ci saremmo mobilitati per la salvaguardia degli affreschi di Giotto!
Noi pensiamo che ciò che vediamo oggi sia immutabile nel tempo, non siamo in grado di percepire l'avanzare dell'età del nostro patrimonio perché da secoli presidia la nostra nazione. Trascuriamo i fattori ambientali, antropici, e non sentiamo la sofferenza dei nostri monumenti (che negli ultimi 200 anni hanno visto crescere esponenzialmente la velocità con cui il tempo lascia su di loro le sue cicatrici).
Non possiamo riportare i nostri capolavori a ciò che fu nel momento in cui fu creato: manchiamo della mano dell'artista creatore, del contesto storico, dell'ambientazione del tempo, e non vogliamo certo creare dei falsi!
Ma forse un pò del nostro senso di responsabilità verso le generazioni future potremmo smuoverlo. Se facessimo un parallelismo tra l'eredità materiale e quella culturale, per ora la direzione è quella di tramandare debiti, collezioni con qualcosa di rotto o mancante..
Cosa potremmo chiedere dunque alle nostre istituzioni ed ai nostri ministri? 
Io chiederei di rieducare e rieducarci al riconoscimento del valore che ci circonda: chi non ama il bello?
Forse solo chi non riesce a vederlo, a trovarvi un legame con se stesso.
Mi piacerebbe sapere che i privati possono contribuire al recupero del nostro patrimonio con donazioni libere e spontanee, anche tracciate se superano determinati importi, e che non solo le donazioni sociali, ma anche quelle culturali, possano usufruire di maggiori sgravi fiscali.
Vorrei infine che non si giochi  al ribasso su tutte le gare di appalto di restauro. La mia è utopia pura, ma non si può valutare il rapporto qualità/prezzo così come noi lo facciamo nel nostro quotidiano?
Far vincere il valore dell'economicità a discapito della qualità, non solo suona controproducente al solo leggere la frase a bassa voce, ma costringe chi vince gli appalti ad utilizzare materiali scadenti, o sottopagare i professionisti coinvolti. E non riesco a pensare quale delle due scelte sia migliore o peggiore. D'altronde, un professionista del settore culturale, non è un vero esperto, no? Per un servizio culturale di alta qualità non si può mica pagare quanto un servizio paragonabile  in qualunque altro settore... 
Ma è la nostra identità culturale che stiamo svendendo, come se i luoghi di cui abbiamo ricordi felici non avessero nessun valore nel nostro presente, come se ritornandoci noi non avessimo nessun legame, nessun "ma ti ricordi quando..", niente, nessun pensiero, come se per la prima volta nella nostra vita capitassimo lì.
Dobbiamo e possiamo credere che nulla possa invertire questa rotta?
Che il nostro patrimonio venga apprezzato e salvato dall'estero, mentre noi stiamo ad aspettare?

"La nazione che non conosce la bellezza
non è quella dove l'arte non è mai nata,
ma quella che ricca di capolavori
non è capace né di amarli, né di preservarli"
Dino Gavina

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