Posted by : Unknown domenica 4 maggio 2014

"Palazzi e chiese e opere d’arte sono il fascio di nervi che tiene in funzione i neuroni rimasti a noi italiani". Frase ad effetto, no? Eppure, a pensarci bene, credo che quel fascio di nervi si sia assopito e si sia ammutolito nel silenzio delle pietre di ieri e del cemento di oggi. 

L'espressione è tratta da un articolo dedicato all'appuntamento "Mirandola 04 maggio: com'era, dov'era" (qui il testo). Seconda frase ad effetto. 






Di cosa si tratta? E' una sorta di chiamata alle armi episodio 2 che mira a coinvolgere "storici dell’arte, architetti e professionisti affini" in un atto di sensibilizzazione verso i modus operandi nella ricostruzione post sisma in Emilia. 
Scrivo episodio 2 perché lo scorso anno la manifestazione si è svolta, su idea del prof. Tomaso Montanari a l'Aquila, richiamando oltre 1000 presenze di addetti ai lavori (anche gli studenti li considero tali). Si passa insomma di terremoto in terremoto, in un fascio di nervi in macerie, appunto.

Nel capoluogo abruzzese io c'ero e ho raccontato sul blog quell'esperienza sia nelle aspettative dell'andata (qui il testo) sia nelle riflessioni del ritorno (qui il testo). 
Porto ancora addosso la sensazione positiva di aver vissuto finalmente un'esperienza che mi rendeva consapevole di appartenere ad una comunità, quella degli operatori culturali, che sapeva bene dove direzionarsi, che aveva finalmente riconosciuto il proprio ruolo di connettore tra la storia, il presente e il futuro. 
A L'Aquila hanno strappato il passato, l'identità e il tessuto urbano della città, ne hanno completamente scardinato l'equilibrio e la stabilità che solo la stratificazione cittadina e sociale possono tutelare. 
Mi riconoscevo in quell'intento di manifestare col silenzio il dissenso; di far valere le ragioni storiche agli interessi di un sistema marcio nel profondo. La speculazione era evidente ed era un dovere civico essere lì a testimoniare con la nostra conoscenza che il futuro si costruisce dal passato.  

Perchè però adesso sono qui a dubitare? Perchè ho deciso di non andare a Mirandola, più vicina e comoda, visto che vivo in Emilia Romagna? 
La risposta è presto detta: ancora una volta sono delusa. Ripetere quest'iniziativa in un altro luogo terremotato, associare due realtà diverse con motivazioni diverse e schierarsi nella posizione estrema di un "Com'era, dov'era" non sono altro che manifestazioni di un interesse che, sebbene possa non essere speculativo, ha radicata l'idea di estremizzazione e di scontro. 

Io sono un conservatore, conosco i materiali e le tecniche di costruzione, sono in grado di discernere cosa si può conservare, cosa recuperare e cosa ahimè documentare e ricostruire con una nuova identità. 

La frase di Montanari: "Ritengo sia meglio rischiare un falso storico che rischiare la perdita di identità di una comunità e quindi la giornata di Mirandola è in continuità con quella de L’Aquila", mi fa rabbrividire. Il paragone con le Guerre Mondiali e i recuperi di istituzioni importantissime dal punto di vista sociale e culturale (ad esempio l'Archiginnasio di Bologna dove ho avuto la fortuna di studiare per i miei esami), non tengono le ragioni di un "dov'era, com'era" e mi pongono mille interrogativi sulla forza che noi operatori culturali abbiamo. 
Falsificare la storia o i monumenti non ha lo stesso effetto di uno scempio? Non mina comunque la storia di un luogo? 

Non ci vogliono posizioni estreme, ci vuole BUON SENSO. 
E questo buon senso manca: nella cultura, nella politica, nei cittadini di quest'Italia che a qualunque latitudine vivono solo per tirare acqua al proprio mulino, senza capire che il fiume che fa girare le pale è unico e appartiene a tutti.
Ogni monumento andrebbe valutato insieme, in un accordo corale tra diverse professioni che possa trovare la soluzione migliore per il bene in sè e per la comunità.
Perchè ostinatamente conservatori? Perchè ostinatamente progressisti?
Sono due facce della stessa medaglia!
Io sono stufa di illudermi, sono stufa di meravigliarmi per le bellezze di questo paese e le nefandezze dei suoi cittadini. 
Ho scelto di specializzarmi nel settore dei beni culturali perchè credo nel potere della cultura, credo nel valore che produce e nell'immortalità dei suoi insegnamenti. Non posso però essere rappresentata in questo settore da arretrate e superate posizioni demagogiche. O dall'altra parte da subdole e interessate posizioni rinnovatrici. 
Non mi serve nè l'una nè l'altra.
Abbiamo bisogno di coscienza, abbiamo bisogno di competenze in grado di guardare in faccia una realtà che sia comunitaria e condivisa.

Da "L'Aquila 05 maggio" non è scaturito nulla, se non un assordante silenzio, come quello che abbiamo sentito in Abruzzo. E' quella l'eredità dell'Aquila? Noi storici dell'arte generiamo silenzio?
Cosa scaturità da Mirandola? 
Questo post non ha valore di protesta; è un appello e una richiesta d'aiuto. Ho scelto l'immagine per eccellenza del terremoto in Emilia: una torre dell'orologio smembrata. Ostinarsi a recuperarla? Buttarla giù e realizzare una scultura contemporanea? 
La risposta io non ce l'ho, ma si può e si deve trovare insieme. Che il terremoto sia occasione di evoluzione e di ragionamento su come limitare i danni di disastri non prevedibili magari adottando norme e tutele prevedibili e valutabili.  





Arrivata alla meta dei 30 anni pretendo delle risposte sul perché di un fallimento colossale nella gestione dei Beni Culturali. Volete sapere perchè? Perchè minacciosamente pende sul mio personale fallimento.
Fallimento per tutti, fallimento per uno. Notate quanto sia importante essere uniti?






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