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- Luoghi smartiani: il fascino inaspettato della Certosa di San Girolamo (Bologna)
Posted by : Unknown
lunedì 16 febbraio 2015
Prendete un giorno di fine settembre, a mattinata inoltrata
ma non troppo.
La Certosa di Bologna è tutto fuorché silenziosa e buia: ai
corridoi più nascosti segue sempre un cortile assolato, un piccolo filare di
pioppi oppure un cinguettio inaspettato. Poi fan capolino tombe dipinte, opere
in bronzo, stucco e scagliola, marmi incredibili richiamano un silenzioso
stupore: celle altissime o anfratti appena accennati li custodiscono, a
testimonianza di un patrimonio unico e ben stratificato.
La Certosa è dove ancora gli Antichi saprebbero celebrare i
morti e non (solo) piangerli.
Nei secoli tantissimi artisti, più o meno consacrati, hanno
lasciato in essa le proprie tracce, spesso perdute nelle parole delle fonti ma
non alla vista, non più scultori per se stessi o la fama, ma per gioco del
destino solo per il popolo.
Così facendo la Certosa si è trasformata in un vero e
proprio museo all'aperto, tanto prestigioso da diventare la prima meta fissa
del Grand Tour settecentesco e poi nell'Ottocento del turismo
internazionale (l'hanno visitata tra gli altri Chateaubriand, Byron, Dickens,
Mommsen, Stendhal).
Il cimitero del XIX secolo e la grande chiesa di San
Girolamo, residuo architettonico del precedente convento certosino trecentesco
soppresso in età napoleonica, sorgono su una delle principali necropoli
dell'antica Felsina (V secolo a.C.), a riprova dell'uso di questa piana senza
soluzione di continuità, caratteristica decisiva anche nel recupero delle
strutture conventuali e nella conversione ottocentesca ad area cimiteriale: la
progressiva crescita e monumentalizzazione della Certosa infatti, ha tenuto
volutamente conto degli spazi già esistenti, integrando elementi diversi ma
coerenti tra loro, non da ultimo collegandone l'ingresso al tratto pianeggiante
dei portici verso San Luca (1811).
Anche i numerosi monumenti sepolcrali, effigi imponenti
della nobiltà cittadina, hanno conosciuto una significativa evoluzione: se le
prime tombe, presenti solo a Bologna, vengono dipinte a fresco dai più noti
artisti dell’epoca (Gaetano Caponeri, Pelagio Palagi, Antonio Basoli, Giovan
Battista Frulli), in linea con la tradizione quadraturistica locale, in seguito
si preferiscono monumenti a rilievo e sculture a tutto tondo (Giacomo De Maria,
Giovanni Putti, Vincenzo Vela, Stefano Galletti, Carlo Monari, Salvino
Salvini).
La
straordinaria qualità delle testimonianze artistiche, benché provate dal tempo,
dall'incuria, e sfortuna vuole, anche dal recente terremoto del 2012, nonché la
complessa articolazione degli spazi, l'alternanza serrata e così particolare
tra aperto e chiuso, stretto e ampio, costituiscono quindi il tratto più
distintivo della Certosa, ciò che la differenzia da qualsiasi altro cimitero
monumentale del Vecchio Continente: logge, sale e porticati danno a tutti gli
effetti il senso di una città dei “vivi”, di un'atmosfera che non cura ma che
però consola.
Le opere sono visibili anche online:
http://www.certosadibologna.it/museo_virtuale/museo_virtuale.html