Posted by : Unknown martedì 6 agosto 2013



Roma 02 agosto 2013. Data storica per la cultura; dopo circa 30 anni di silenzio, dal Mibac il ministro dei beni culturali e del turismo Massimo Bray presenta un decreto dal titolo emblematico: "Valore Cultura". 
Due termini che accostati sembrano una bomba ad orologeria pronta a scoppiare al primo tocco. E in un certo senso la bomba c'è. Dopo anni di peregrinazioni e tribolazioni il Mibac, ridotto ormai ad un fantasma, come l'araba fenice sembra risorgere dalle proprie ceneri, sebbene lo faccia a piccoli passi. 
Il decreto, le cui slide potere consultare qui, presenta novità incoraggianti volte ad inaugurare un percorso caratterizzato da trasparenza e fiducia in un settore che finalmente deve prendersi la rivincita da anni di dimenticatoio e porsi come risorsa fondamentale per la rinascita del paese. Vanno riconosciute al ministro Bray l'attenzione, l'impegno e la partecipazione alla costruzione di un nuovo corso per la cultura e gli interventi mirati a rilanciare il sud ne rivelano le radicate competenze e la profonda conoscenza del settore e delle sue risorse. 
Voglio dargli fiducia nel progetto Pompei semplicemente perché non abbiamo scelta vista l'incombenza del commissariamento europeo e auspico che questo diventi un incipit florido per il futuro dei nostri siti archeologici che da questo progetto possano trarre linfa per alimentare buoni prassi di gestione e conservazione. 
Trovo, inoltre, meraviglioso il provvedimento dedicato alla lirica, alla musica e ai teatri che finalmente possono respirare e ritornare in auge con il loro ruolo cruciale di portare alta la tradizione lirico musicale in tutto il mondo. 
Chiudiamo in bellezza con le note positive facendo riferimento al ritorno al Ministero degli incassi provenienti dalla vendita dei biglietti. Per quale assurdo e incomprensibile motivo nel 2008 vennero destinati alle casse statali? Si trattava di una norma becera che non rendeva giustizia agli sforzi del ministero e ai contributi dei visitatori che quei luoghi avevano apprezzato. 
Veniamo, però, ai nodi del decreto che non cambiano la situazione delle assunzioni e dell'inserimento di professioni specializzate nell'ambito della gestione, conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico-culturale. 
Per il progetto Pompei, oltre al direttore dei lavori, sono previste  cinque figure professionali: una giuridica, una economica, una architettonica, una urbanistica e una infrastrutturale. In un sito archeologico non sarebbe più logico prevedere archeologi, restauratori e conservatori per la messa a punto del progetto? Per anni Pompei è stata gestita da economi, architetti e ingegneri. Risultato? Debiti, mancanza di trasparenza e crolli. Di certo il problema non sta nelle qualifiche, ma credo sia assolutamente necessario il riconoscimento professionale per gli addetti ai lavori. Si tratta di figure specializzate ed assolutamente in grado di gestire pianificazioni di questo tipo. 
Altra questione è quella del tirocinio: 500 laureati under 35 per inventariare, catalogare e digitalizzare il patrimonio. Vorreste dirmi che per digitalizzare il patrimonio basti un tirocinio di un anno? Perché ancora una volta illudere 500 persone? E perché proporre qualcosa di già visto? Culturaitalia ed Europeana non bastano come esempi a testimoniare lo scempio in cui versano questi progetti?
Su questo avrei una proposta: perché non pensare ad un progetto nazionale di "Cultura Digitale"? Dividere i lavori per regioni ed istituire organi stabili e competenti per la gestione delle risorse multimediali. Internet e i digital content sono la nuova frontiera. O vogliamo ancora restare chiusi nei nostri musei.... chiusi? Bisogna investire sulla forza lavoro di tutta una fascia di persone che è pronta per cominciare questa rivoluzione. Siamo stati formati per questo ed è giunto il momento di darci un'occasione. Ho trovato molto interessante a tal proposito il post del professor Giuliano Volpe che appunto analizza la questione del digitale non come "un gioco da ragazzi" e mette sul piatto una concreta buona prassi da cui prendere spunto. Si dovrebbe cominciare da qui invece di proporre tirocini senza sbocco. 
L'ultima riflessione, last but don't least, la rivolgo all'idea del "Polo museale di Napoli e Caserta" e lo faccio con una punta di affetto essendo casertana. Conosco bene la situazione del territorio ed, ahimè, conosco l'incuria e l'abbandono in cui versano siti archeologici, medievali e settecenteschi che dalla Reggia distano pochi chilometri. Mi chiedo allora: perché accostare la Reggia (e San Leucio) a Napoli senza considerare l'importanza e la vastità di un territorio cardine della cultura contadina, artigiana e culturale dell'intera nazione? L'alto casertano è la regione che diede alla Campania l'appellativo di felix in epoca romana e la denominazione "Terra di lavoro" con la quale da secoli viene passata alle cronache le è stata attribuita proprio per la ricchezza di terre, coltivazioni e cultura: dai templi delle Matres Matutae alla grandezza di Capua; dalla scuola napoletana del Solimena alla bellezza della Reggia di Carditello. Non meriterebbe da sola una sovrintendenza per il rilancio di una terra abbandonata a se stessa?
Chiudo il post con mille interrogativi sperando in esaudienti risposte e confronti. 
Ringrazio il ministro e gli auguro buon lavoro, ma credo che bisognerebbe stare attenti a questi "dettagli". Sono le piccole cose che fanno le rivoluzioni e queste mie riflessioni vogliono solo essere uno sfogo di idee confidando in una futura direzione in questo senso. 
"Rome wasn't built in a day" cantava qualcuno; bisogna, però, cominciare da buone fondamenta per entrare nel mito.
Ad maiora, Bray.

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